Ci risiamo, riparte la guerra nel Pd. Come in un film già visto (e bruttarello, da scarsi incassi al Botteghino, direi). Accantonata la vecchia Unione (perdente), il segretario del Pd Pierluigi Bersani cerca la quadra per compattare l’opposizione rilanciando l’Ulivo (naturalmente Nuovo… come si faceva una volta con il restyling delle auto). E lo ha fatto a Torino, nel classicissimo rito del comizio finale davanti al popolo piddino plaudente. Tralascio quel che è già stato scritto sui contenuti del discorso, abbondantemente e scontatamente anti Berlusconi-Lega-governo. Quello che mi ha colpito sono state alcune reazioni post-comizio arrivate dalla parte politica del segretario.

Massimo D’Alema, Latorre, Penati, la Finocchiaro fino a Enrico Letta, alla Bindi a cui poi si è aggiunto Franceschini – per citare i principali – lo hanno subito appoggiato.  Colpiscono invece il silenzio di Valter Veltroni e la una frase di Chiamparino (“Almeno fino adesso il messaggio che dal Pd è arrivato ai cittadini italiani è un messaggio di difesa dell’esistente più che di sfida verso il futuro. Credo sia questo ciò che bisogna spezzare, se si vuole tornare a parlare – oltre che ai militanti, ai quali è giusto parlare, oltre che al nostro popolo, al quale è giusto parlare – anche alla gente. Gente che ieri in piazza non c’era”). Un altro esponente del Pd, Gero Grassi, in prossimità della direzione nazionale Pd, prevista per il 23 settembre,  dice: “Chiediamo al segretario Bersani un partito normale per costruire un’Italia normale. Parole chiare sui girotondini, sulle alleanze e sui rapporti politici. Perché mentre ognuno dice la sua sui territori, il nostro popolo è disorientato e si rintana a casa”.  Conferma della portata dello scontro in atto nel Pd. Soprattutto sul nodo gordiano delle allenze e dell’almagama (per dirla alla D’Alema) del Nuovo Ulivo.  Perché tra il dire “siamo pronti al governo, via Berlusconi, nuova legge elettorale poi il voto…”, ce ne corre, politicamente parlando. Per ora tira aria di lunghi coltelli di marca veltroniana.

Perché sul progetto del Nuovo Ulivo nel Pd c’è più di un avversario schierato: dai veltroniani a molti ex Popolari che vedono come il fumo negli occhi lo stravolgimento della formula bipolarista con cui è nato il Partito democratico a “vocazione maggioritaria”. Considerano il Nuovo Ulivo un rassemblemant di partiti (Bersani chiama a raccolta Idv, Vendola, Casini, pezzi della sinistra radicale  – si è parlato di un accordo con Pdci e Rifondazione saltato, almeno per ora – uniti da un “patto di governo” e da quanto possa fare da collante (riforma elettorale). Tutti portatori di voti che altrimenti andrebbero dispersi. Con l’incognita – in caso di alleanza con l’Udc – del ruolo e del peso politico che potrebbero avere gli ex Popolari (dubbi ripetutamente sollevati da Beppe Fioroni).  Insomma, grande è ancora la confusione nel centro sinistra che verrà. Altro che pronti alle elezioni, alla sfida a Berlusconi e alla Lega… Tanto che proprio Bersani punta su un governo di transizione breve che cambi le regole del voto e favorisca così la nascita del Nuovo Ulivo.

La prossima puntata il 23 settembre per la Direzione del Pd ottenuta dai veltroniani proprio sul tema delle alleanze. Veltroniani che per bocca del deputato Walter Verini smentiscono l’ipotesi di creare gruppi parlamentari autonomi, ma denunciano  “le difficoltà del nostro partito, che raggiunge nei sondaggi – in una condizione politica che dovrebbe essere assolutamente favorevole ad una forza di opposizione – il suo minimo storico”. Poi anche Veltroni smentisce: “Gruppi autonomi in Parlamento? Assolutamente no. Io questo partito ho contribuito a fondarlo in maniera determinante”. “Sono però preoccupato – ha aggiunto Veltroni – della situazione generale, di quello che viene fuori dai sondaggi (che al Pd interessano evidentemente tanto quanto al Cav, aggiungo io…) . Sono convinto che comunque il Partito democratico deve rimanere il perno centrale nella costruzione di un polo riformista. È per questo che continuerò nel Pd a dire le mie opinioni. In questo anno e mezzo mi sono battuto e ho detto e fatto cose soltanto nell’interesse del Pd”. Bersani è avvisato.

Nota di aggiornamento Alla Direzione del Pd tutto come previsto, Veltroni e i suoi all’attacco, Bersani e i suoi al contrattacco (“la maggioranza ha deciso e si va avanti”), con gli ex Popolari debitamente divisi. Insomma, se il centrodestra arranca il centrosinistra non sta certo meglio, vedremo come se la caverà il Pd l’8 e il 9 ottobre a Varese, quando ci sarà l’Assemblea nazionale. Perché Veltroni, il rottmatore, ci riprova. Dopotutto non è un perdente di successo?