Fini prima e dopo. Prima del voto del 14 dicembre con cui si voleva mandare a casa Berlusconi e il suo governo, Futuro e libertà aveva 36 deputati e 10 senatori. Dopo il voto che ha visto invece la vittoria del Cav, Futuro e libertà nato come partito (zoppo) alla Costituente di Milano, si è “ristretto” (per ora) a 29 deputati e al Senato ha detto addio al gruppo perché è sceso a soli 8 senatori (ma Pasquale Viespoli e Maurizio Saia sono dati in uscita) mentre ne servono 10.
Si è consumata così, fra polemiche e veleni, la resistibile ascesa di Gianfranco Fini e dei futuristi anti berlusconiani dopo il violento strappo che si è consumato a Milano con la nomina a vice presidente del partito del “falco” Italo Bocchino e di Benedetto della Vedova a capogruppo alla Camera. Resta da vedere che cosa faranno altri due “dissidenti” eccellenti: Adolfo Urso e l’ex ministro Andrea Ronchi. Se lasciassero anche loro ci potrebbe essere un ulteriore effetto domino, con altri addii. Fini ridimensionato, insomma. E sconfitto. Che dalla ridotta della poltrona di presidente della Camera che non vuol mollare, vede restringersi sempre più i margini di manovra in quella strategia che, come ho scritto in un altro post, non ha retto alla prova della Santa alleanza e alla marcia d’avvicinamento al centro-sinistra in funzione anti Cav: per realizzare quella “grande ammucchiata” con Pd (sponsor D’Alema), Vendola e (forse) i dipietristi oltre a Udc, Api e Mpa. I moderati del Fli hanno detto con chiarezza “no” a questo inconsueto inciucio e sono scesi dal treno in corsa. E i sondaggi confermano il rapido logoramento di una strategia a perdere che evoca in qualche misura i voti “in frigorifero” dell’Msi della prima repubblica: dal 7% al 5%. Mentre sempre i sondaggi tra gli elettori che sono pronti a votare per il Terzo Polo indicano in Casini il leader giusto, seguito da Fini e da Montezemolo. Altro che leadership, per il “piccolo timoniere” sdoganato da Silvio. Dopo la Caporetto futurista si delinea il profilo di un perdente di successo affetto dalla “sindrome di Badoglio”.

Ora la crisi tra i finiani spevanmta anche l’Udc. E il Terzo polo traballa di Antonio Signorini

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