[photopress:pisapia1.jpg,thumb,alignleft]Forse la frase spending review non è traducibile nel dialetto meneghino o qualcuno l’ha tradotta male, nonostante la Bocconi che vanta fior di economisti… Forse è colpa di Beppe Grillo, in effeti ha un po’ confuso le idee alla sinistra, o forse è colpa del vento a Milano è cambiato perché niente in realtà cambiasse nel modo di governare della sinistra “finalmente” tornata al potere con Giuliano Pisapia, acclamato urbi et orbi “nientedimenoche” da Nichi Vendola come Giuliano il Liberatore dall’oppressione morattiana.

Fatto sta che sotto la Madonnina è accaduta una cosa “strana” (ma non troppo): la spending review su cui si impegna il premier bocconiano Mario Monti a Roma è stata, ironia della sorte proprio a un anno dell’insediamento arancione-rosso a Palazzo Marino tradotta (male) nel più provinciale “tassa e spendi“. Dopo lo spending è scomparso il rewiev, insomma. Che in termini comprensibili al volgo e all’inclita significa: nuovo aumento delle imposte a carico dei milanesi ma anche aumento delle spese correnti del Comune. Incredibile ma vero. Non c’è male come risultato,  solo dodici mesi dopo la la presa di Palazzo Marino, la Bastiglia da espugnare, simbolo del vento che cambiava anche in Italia.

Succede dunque che nel 2012 il Comune pisapiano rifila ai cittadini nuove imposte per  252 milioni di euro. Invece dei tagli alle spese in tempo di crisi, lacrime e sangue per la gente comune, nemmeno l’ombra: le spese correnti del Comune aumentano di 215,6 milioni rispetto al 2011. Milioni di euro, non noccioline, si badi bene. Perché a Milano la politica della sinistra è una cosa “seria”. Tanto seria che grosso modo le nuove tasse pareggiano le spese correnti in più…  E i risparmi? I mitizzati tagli? Se ne riparlerà (pare, forse?) nel 2013.

Così, mentre a Roma la sinistra incita Monti a tagliare gli sprechi pubblici, nella Milano europea ed evoluta, tanto per fare qualche esempio, le spese correnti del Gabinetto del sindaco passano da 7 a 11,6 milioni di euro, quelle della Direzione generale altri 3,1 milioni di euro, quelle per i consulenti esterni arrivano a 1,2 milioni di euro.  Mi fermo qui perché è difficile credere alla favoletta del “più tasse ma servizi migliori”.  Per ora siamo al più tasse e più spese e le chiacchere si fermano a questo punto. Il conto della serva popolana dice che sale l’Irpef, la Tarsu (23%), la Cosap è andata alle stelle, l’Imu per seconde case, botteghe, negozi al massimo possibile… Parlare di manovra virtuosa e, come ha fatto Pisapia, di “2012 anno della svolta per rilanciare Milano” è davvero difficile, in una città dove la vita è cara, carissima, la crisi morde  e i portafogli sono sempre più gravati di balzelli romani, regionali, provinciali e comunali. Diciamo, senza alzare i toni, che ci si può sentire democraticamente presi in giro? Diciamolo.

Chissà, forse c’è chi pensa che basti dare alla gente l’illusione del cambiamento, del colpo di vento e tutto all’improvviso va meglio: Milano è più attraente, più sicura, più pulita, il futuro della città è nelle biciclette, le periferie sono diventate piccoli eden che vengono curati con attenzione, se si vuole addirittura paternalistica.  Da sinistra, sul tema,  arriva una bella “lezione” sul significato concreto del cambiamento. Qualcuno dovrebbe spiegarlo anche al segretario del Pd Bersani, quello del foto di Vasto, può servirgli in caso di presa di Palazzo Chigi…: ecco le cose da non fare.

In realtà che aria tirava  lo si era già capito con l’aumento del 50% del biglietto dei mezzi pubblici e con la tassa sul traffico in centro da 5 euro al giorno (chi se lo può permettere paga, entra non trova traffico e i parcheggi li trova pure vuoti…). Ma le colpe non hanno mai padri certi e l’assessore al Bilancio Tabacci scarica serafico, da buon ex democristiano: “Gli assessori chiedevano ancora di più…”.  Quasi quasi c’è da brindare per lo scampato pericolo… E Giuliano Pisapia a Radio Popolare parlando del primo anno del suo mandato, vola leggero: “Milano sorride, con qualche momento di incazzatura”.  Proviamo allora a indovinare chi, a Milano, dopo un anno non sorride più…

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