Il Pd, e il Pd di Bersani, stretto fra Matteo e Nichi, una sorta di “diarchia degli opposti” che vede da una parte il sindaco di Firenze (che molti avversari definiscono – che errore – “bambino”) e dall’altra l’ex Pci poi rifondarolo poi fondatore e leader di un partito (Sel). Il primo “interno”, di area cattolica, origine Dc, l’altro capace di spiazzare e battere il Pd alle primarie per i sindaci a Milano, Genova, Cagliari, pronto a firmare il referendum contro la riforma del lavoro targata Fornero (e votata dal Pd), pronto ad annunciare che desidera la paternità… In mezzo Bersani e il suo partito diviso e scontento, alle prese con il rebus primarie per la premiership anti Cav, con il dualismo Monti sì – Monti no, tutto interno alle ali riformista e neo-massimalista che si fronteggiano nella Balena sempre meno bianco rossa e sempre più – Rosi Bindi dixit – rossa.

Intreccio o groviglio politico che per ora non si sbroglia in attesa delle primarie e delle regole della contesa ancora da scrivere. E mentre Matteo è salito a bordo del suo camper elettorale lanciando la sfida fra molti entusiasmi e curiosità per il “rottamatore” traducibili in “voglia di cambiamento”, di strappo dalla nomenklatura piadina che pare appassionare sempre meno il sostenitori del centrosinistra arriva il “niet dei Trenta”, parlamentari ex Popolari guidati da Beppe Fioroni nei confronti di Vendola: “Non vogliamo che partecipi alle primarie, le sue idee sono troppo diverse dalle nostre, così rischia di perdere le elezioni e sarebbe anche la fine del partito”.  Già, perché, ragionano Fioroni e i suoi, le primarie sono di coalizione e “riteniamo che i partecipanti delle altre forze politiche debbano presentare un programma compatibile e integrabile con il nostro”.

Messaggio chiaro. Che Bersani è costretto a “sbianchettare” con un perentorio: “Vendola ci deve essere, alle primarie”. E il senatore Nicola Latorre chiude la porta: “Quello di Fioroni è un documento contraddittorio. Facciamo le primarie di coalizione per condividere un’idea dell’Italia e delle priorità programmatiche. Sulla base di questo ci confronteremo con gli alleati e troveremo un’intesa impegnativa per tutta la coalizione. Ma non è che partecipano alle primarie solo quelli che sono d’accordo con Fioroni”. Nichi invece prende tempo ancora un paio di settimane per decidere il da farsi (nel frattempo Bersani mette in moto la sua macchina elettorale per le primarie e sceglie un team di giovani: Roberto Speranza, 33 anni ma già segretario regionale in Basilicata, Alessandra Moretti, 39 anni ma già vicesindaco di Vicenza e Tommaso Giuntella, 28 anni consigliere municipale a Roma, mentre Renzi ha un team “rosa” composto da Simona Bonafé, nata a Varese il 12 luglio 1973, sposata è assessore all’ambiente del Comune di Scandicci dal 2004, Sara Biagiotti, nata a Firenze il 25 aprile 1970, dottore commercialista del lavoro presso la Cna di Firenze, consigliere provinciale Pd (ex Ds) e presidente della Commissione bilancio della Provincia di Firenze, Maria Elena Boschi, nata il 24 gennaio 1981 a Montevarchi, avvocato esperta in diritto societario e cultore della materia all’università di Firenze in diritto commerciale, membro della direzione del Pd cittadino di Firenze) e intanto fa un altro endorsment anti-renziano: “Il sindaco di Firenze spettacolarizza idee vaghe”. C’è chi sospetta una manovra pro Bersani, in fondo se Vendola si ritirasse darebbe un aiutino al segretario, visto che nei sondaggi Renzi e solo pochi punti dietro e otterrebbe comunque un risultato pesante anche se non vincesse. Ma sono solo sospetti, sia chiaro, nel teatrino delle ipotesi e dei giochi e giochetti, perché se Vendola scende in campo lo fa più per vincere che per partecipare, tanto che l’Udc Gianluca Galletti mette le mani avanti e dice al Sole 24 Ore, ribadendo che le alleanze di casini e dei suoi saranno “con chi vuole Monti anche dopo il 2013, se Vendola è quello del referendum contro l’articolo 18, non ci saranno margini per stare insieme. Bersani dovrà essere chiaro sulla continuità con Monti e sul rapporto con Sel”. Da notare che dopo la lettera contro Vendola, Fioroni su Twitter “cinguetta” così: “I programmi di Renzi e Vendola sono oltre le ambiguità. Sono conflittuali. Così si perdono le elezioni. Pensino che correre per se stessi porta consenso alle primarie, corriere insieme su un progetto comune per l’Italia fa vincere le elezioni”.

E qui si capisce perché il “nuovismo” del rottamatore fiorentino spazia in ampie praterie elettorali all’interno del centrosinistra. Come spiega il suo spin doctor Giorgio Gori a Luca Telese che lo ha intervistato su Pubblico, un elettore di centrosinistra ha due buoni motivi per votare Renzi: “Perché è l’uomo del rinnovamento e della modernità. E poi perché ha più possibilità di battere Berlusconi”. “E’ più difficile battere Bersani che Berlusconi… – aggiunge – “…io continuo ad incontrare elettori di centrodestra che sono delusi… é più facile che si astengano che votino Grillo”.

Dice il sindaco di Roma, Gianni Alemanno: tra Bersani e Renzi “per noi è più temibile Renzi, sicuramente la sua è una candidatura innovativa che sconfina dal campo di centrodestra e quindi per noi è più temibile, poi si dovrà vedere se lui andrà oltre la questione dell’immagine”. Soprattutto dovrà battere prima di tutto Bersani e “l’apparato”, cosa che non pare facile anche se la freschezza, la dialettica, la sicurezza e la capacità di bucare lo schermo da parte del “bambino” qualche preoccupazione la danno, visto che Bersani ha detto subito no all’idea di un confronto televisivo con il suo avversario (che fa, imita Silvio?). Certo, come sostiene Alemanno, bisogna vedere cosa c’è dietro l’immagine, la concretezza dell’offerta politica nuova portata in giro con il camper e il confronto con quella di Bersani e di Vendola (se sarà della partita). Il gioco, per il segretario del Pd e per i “cavalli di razza” del suo partito si fa duro, stretti come sono fra Matteo il “bambino” (a proposito, Matteo Renzi vi convince come alternativa per il cambiamento nel centrosinistra?) e Nichi il “rosso”.

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