Matteo Renzi, per dirla alla fiorentina, ha suonato la sua campana, alla prima tornata delle primarie di coalizione che devono decidere la premiership, ovvero chi guiderà il centrosinistra alle elezioni politiche. Pierluigi Bersani ha vinto il primo turno ma non ha stravinto, non ha chiuso come molti pensavano, la partita, anzi, è stato costretto al ballottaggio (44% contro 36%) dal sindaco di Firenze. Probabilmente vincerà ma comunque vada Renzi ha vinto la sua prima importante battaglia politica: quella di riuscire ad accreditarsi come nuovo leader del centrosinistra.
Politicamente il “rottamatore” ha vinto e penso che nel Pd ora niente sarà più come prima. In pochi mesi il “bambino” solo contro tutti: dai vecchi leader con il dna e l’imprinting del vecchio Pci che sono rimasti protagonisti per anni di transito in transito fino a quello del Pd, all’Apparato del partito a livello nazionale e locale fino alla Camusso e alla Cgil che hanno fatto da cinghia di trasmissione anche in queste primarie.

Dopo il ballottaggio, se Bersani vincerà dovrà aprire giocoforza una fase e un percorso nuovi, a differenza di quanto vuol far credere Rosi Bindi, decisa a non fare prigionieri e dà del rottamato proprio a Renzi o Marini che dice, tanto le liste le faremo noi… senza capire che i primi rottamatti sono gli ex popolari finiti nel Pd… Direi che Rosi sbaglia perché quei voti conquistati in giro per l’Italia da Renzi, pesano e peseranno. Inutile far finta che non sarà così. L’ex “bambino” ha dimostrato di poter sfondare anche laddove l’ex Pci è sempre stato forte, ha riacceso l’entusiasmo entrando in sintonia con l’idem sentire di un elettorato che non è di stretta osservanza piddina rottamando anche il linguaggio e il modo di porsi (vecchi) dei leader tradizionali della sinistra e di tanti, troppi leaderini locali.

Divertente infatti la polemica di chi l’accusa di leggere discorsi ben scritti da altri e di essere solo un format televisivo… Penso all’elogio degli spin doctor di Obama, di Clinton, di Tony Blair, abili a utilizzare anche loro in format, ma capaci di imporre leadership e vincere elezioni. La verità è che l’interprete è evidentemente all’altezza del ruolo che si è ritagliato e intende ritagliarsi per il futuro e ha messo in piedi un team che funziona. Anche questo è la politica, oltre al sentimento, alla ragione e ai programmi.

Vittoria politica che deve far riflettere Bersani ma anche chi ha aperto il fuoco di fila contro il “rottamatore” accusato di tutto e di più neanche fosse un Fanfani redivivo o una quinta colonna di Berlusconi. Il gioco non ha funzionato, l’affossamento politico preventivo non c’è stato. La “demonizzazione” non è servita, anzi…

E Bersani deve anche riflettere sul messaggio inviatogli a caldo da Nichi Vendola che ha incasso il 15%: “Pierluigi se li deve conquistare i voti che sono venuti a me nel primo turno… ci faccia sentire il profumo di sinistra”. Messaggio ambiguo perché si riflette sulla linea e programmi del Pd, legati alle alleanze elettorali, tenuto conto dei sommovimenti a sinistra, ambizioni “arancioni” incluse.

La partita è aperta, c’è un nuovo copione da scrivere, nel centrosinistra, Bersani è l’usato sicuro di oggi, Renzi può essere il leader di domani. In mezzo c’è un partito ancora diviso fra riformisti e neo-massimalisti, tra finte sul Monti no, Monti sì, con qualcosa di nuovo che avanza, per dirla con un vecchio e abusato slogan della sinistra.  Intanto la sfida fra Bersani e Renzi continua. Non resta che aspettare il voto di domenica prossima, il vincitore del ballottagio (difficile sostenere come dice Matteo Renzi che in questi giorni si riparte da zero a zero) per capire quale sarà la linea di marcia del Pd e quanto peseranno i nuovi rapporti di forza interni che si delineeranno. Tenuto conto che, se Napolitano chiama… Monti è pronto a fare il bis.

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