Sarà un caso ma le vie della politica italiana che verrà passano sempre da Berlino. Pochi giorni dopo la visita di Mario Monti e l’incontro con la cancelliera Angela Merkel, è toccato al leader del centrosinistra e del Pd Pierluigi Bersani sbarcare nella capitale tedesca per sancire il patto di Berlino con Monti: “Noi siamo prontissimi a collaborare con tutte le forze contro il leghismo, contro il berlusconismo, contro il populismo. E quindi certamente anche con il professor Monti”. Folgorato sulla via di Berlino, Bersani è uscito allo scoperto per far capire nella Germania della grande coalizione merkeliana che anche l’Italia, in caso di vittoria elettorale del centrosinistra, convergerà nella stessa direzione. Insomma, Bersani ha certificato in Europa – davanti a interlocutori “amici” e uniti dall’anti berlusconismo – quel che in realtà si sapeva già essere nell’ordine delle cose in Italia ma per convenienza politica si preferiva tenere nascosto nella comoda nebbia delle polemiche elettorali. E ha cercato di accreditarsi come leader affidabile con Monti come garante, pensando anche alla Francia di Hollande (ma Monti è sul lato Merkel, a meno di non smentirsi anche su questo), ammettando di non poter nascondere che l’Europa ha “balbettato davanti alla crisi” e che “se lnon si riequilibra, ci scoppierà in mano”.

E il Professore ha risposto a stretto giro: “Apprezzo ogni apertura e disponsibilità, e anche questa frase di Bersani dalla Germania. Sarò disponibile ad alleanze con tutti e solo con coloro che saranno impegnati in riforme strutturali”. Un sì ammantato di sobria e curiale prudenza con il riferimento alle riforme perché il resto, si può intuire, verrà da se… Non a caso Monti, prima dell’endorsement bersaniano aveva paragonato l’alleanza Pd-Sel alla rissosa coalizione di Romano Prodi finita ingloriosamente, evitando però altri affondi a proposito della credibilità di un governo a guida Bersani-Vendola: “Lascio ad altri questa valutazione…”. Un modo per tenere aperte le porte all’ipotesi di sempre, quella della grande coalizione per le riforme.

Prove di inciucio in atto, insomma, anche se la mossa di lanciare il proclama proprio da Berlino non pare essere delle più felici. Ma i sondaggi non esaltanti sia per i centristi che per il Pd, la rimonta di Berlusconi che sta sparigliando i giochi, è in recupero e sta dettando l’agenda del dibattito elettorale costringendo gli avversari a rincorrerlo per cercare, come si diceva una volta di “spuntargli le armi”, ha spinto Bersani ad andare oltre. Forse un po’ troppo. Non solo perché nel Pd l’ala più a sinistra viaggia in sintonia con la Cgil che Monti ha ripetutamente bastonato, ma anche perché l’alleato Nichi Vendola non gradisce, incalzato com’è sul fronte elettorale dalla concorrenza della lista di Ingroia.

E Nichi non si è tirato indietro: “Il professor Mario Monti è incompatibile con Nichi Vendola nel governo del Paese. Il centro sinistra che è fatto da Pd e Sel è stato fondato da tre milioni di elettori e quindi non ha bisogno di nessuna presenza del professore. Capisco che Monti sia un po’ disperato  e quindi abbia bisogno di qualche sponda ma non la troverà dalla nostra parte. Le destre sono due: quella di Berlusconi e quella di Monti io sono impegnato per sconfiggerle entrambe”. Mossa per tenere voti a sinistra o preludio di scenari prodiani? Vedremo perché non è detto che al realismo politico di Bersani corrisponda un decisa volontà degli elettori a votare turandosi il naso per ingurgitare l’amaro Monti, tanto che poi sempre a Berlino ha precisato: “Alleanze ma non ad ogni costo  perché “ho sentito cose che non mi convincono” su unioni civili e lavoro. Messaggio a Vendola e ai suoi…

E che dire sul fronte centrista, su Casini e Fini alleati di Monti ma anche donatori di voti per la sua lista che sta svuotando Udc e Fli? Gradiranno? E fino a che punto? “Mai con la sinistra”, hanno tuonato in diverse occasioni i due. “Ci sono posizioni a sinistra che sono incompatibili con le riforme e il cambiamento del paese – spiega Casini – Mi sembra di essere stato chiaro: noi siamo disponibili a fare una politica riformista europea, ma la politica di Vendola ha questi canoni? Io credo di no. Bersani che dice le cose che ha detto in Germania io lo sottoscrivo, vorrei capire solo se lo sottoscrive Vendola. E l’accordo con Vendola l’ha fatto Bersani. In ogni caso un governo con Casini e Vendola non ci sarà”.

Il centro è in fibrillazione e caso vuole che in campagna elettorale Monti, Casini e Fini non si siano mai visti tutti assieme, ciascuno corre prima di tutto per sè: niente comizi o manifestazioni in comune. ” Siamo impegnati a cercare voti sul territorio…” ha detto Monti che ha ricordato di non essere salito in politica per “offrire un’ancora di salvataggio a Casini e Fini”.
Risultato? Pensando al BersaMonti pare di avere davanti l’infausto “amalgama mal riuscito” che evocò mirabilmente Massimo D’Alema in altri tempi. Su che basi e con qualche programma si costruirà un eventuale patto di legislatura è la domanda pensando a tasse, riforma Fornero, pensioni, banche e quant’altro può dividere piuttosto che unire?

Lo scenario non pare in realtà dei migliori sul fronte antiberlusconiano a dispetto dell’ottimismo dispensato a piene mani. Un esempio? Il candidato Monti che continua a smentire il premier Monti, quello che le tasse non si toccano. Invece sì, ora “berlusconianamente” si può. “Non ci proponiamo alcune aumento di tassazione nè alcuna ipotesi di tassazione patrimoniale“, è l’ultima uscita. Ed ha aggiunto: “Irap e Irpef giù nel 2013 e niente aumenti di Iva”. Peccato sia arrivata subito  la solita correzione alle parole del Prof. “Con riferimento alle dichiarazioni rilasciate dal presidente Mario Monti in merito alle proposte di Scelta Civica in materia fiscale, si precisa che esse prevedono riduzioni di Irpef e Irap con effetto a partire dal 2014. Per quel che riguarda l’Imu è prevista una rimodulazione con effetti già dal 2013”, precisa in una nota Scelta Civica.
Intanto, a proposito di pressione fiscale e di partito delle tasse, la Cgia di Mestre ha fatto i conti: nel 2013 si toccherà il record storico del 45,1% del Pil, il 13,7 % in più rispetto al 1980.
Il Cav comunque può star tranquillo, perché il Super Mario di “niente aumenti fiscali” non gli tasserà il piffero, al massimo proverà a suonarlo.

DETTI E CONTRADDETTI… La giornata politica post annuncio di inciucio in salsa berlinese si è trasformata in un teatrino di batti e ribatti, passi avanti e retromarce (tattiche) perché come ho scritto, Bersani forse ha tirato troppo la corda con i discoro del “re” a Berlino, un boomerang foriero di guai in stile Unione . Per farla breve Vendola ha minacciato di rompere il matrimonio fra ex Pci e mandare a carte quarantotto l’alleanza con Bersani (“Il Professore al governo con noi è fantapolitica”), Monti che di Vendola non ne vuol sapere (almeno per ora) ha detto a Bersani: “Se vuol collaborare con noi dovrà fare delle sclete all’interno del suo polo, non ci sono accordi) e a sua volta Bersani ha risposto all’aut aut: “Il mio polo è il mio polo e che nessuno lo tocchi. A partire da lì sono pronto a discutere”. Insomma Nichi non si tocca. Alemno fino al voto, poi si vedrà perché Pd e Sel conteranno i loro voti e li peseranno, assieme a quelli di Monti. Intanto D’Alema potrebbe spiegare a Monti e Bersani cos’è un amalgama ben riuscito, soprattutto se non si fa a spese degli elettori…

Ora il Ppe molla Monti e sceglie il Cav di A. Signore

Il giochetto dei montiani: “Votate Pd in Lombardia” di G. Della Frattina

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