Era scritto nelle cose della politica che la linea imposta da chi aveva ammesso la “non vittoria” alle elezioni politiche, sarebbe andato incontro anche a una “non vittoria” nel tentativo di formare un governo, anzi, un governicchio tenuto in piedi dalla stampella grillina e da un po’ di voti raccattati qua e là in Senato. Pierluigi Bersani l’impresa, insomma, l’ha fatta ma alla rovescia e per lui è scattato il game over alla fine di una serie di consultazioni durante le quali si è visto di tutto, “prodezze” degli esponenti M5S in testa che pretendevano, loro, di formare un esecutivo interpretando non si sa a quale titolo il doppio ruolo di maggioranza e di parti sociali.

Il fine corsa per Bersani l’ha deciso il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva offerto una chance al leader del centrosinistra, ben sapendo come la missione che l’uomo di Bettole si era dato fosse semplicemente impossibile. Stop al tentativo di fare un governo di minoranza, schiaffo al leader della balena rosso-bianca. E’ stato sufficiente seguire il triste incontro in diretta streaming con i cittadini Lombardi e Crimi per capire in quali sabbie mobili si fosse infilato Bersani e con lui la maggioranza del Pd che l’ha seguito senza senza se senza ma, andando incontro a una disfatta politica annunciata che si può semplificare nella frase attribuita a Massimo D’Alema: “Quello è matto”. Perché ora il partito è rimasto con un pugno di mosche in mano ed è spaccato, sull’orlo di una crisi di nervi mentre tira aria di resa dei conti. Oppure basta dare un’occhiata al livello raggiunto dall’insultometro politico di Beppe Grillo

La decisione di Napolitano, inedita per la formazione dei governi italiani, di congelare di fatto la crisi, di non dimettersi in anticipo (“resto al mio posto fino alla fine”) e di affidare a “due gruppi ristretti di personalità tra loro diverse per collocazione e per competenze di formulare – su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo – precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche”, gli ha consentito di guadagnare tempo, mediare fra i partiti,  tentare di rilanciare quel governo del presidente che contempla larghe intese, ovvero governabilità, allontanando le elezioni anticipate.

Il Capo dello Stato ha ripreso il filo della sua strategia che richiede tempo per soluzioni condivise sulle cose da fare e ha ridato ruolo anche ai centristi e al governo Monti. Scelta non facile, la sua, perché ha anche aspetti ambigui, che non mancheranno di suscitare polemiche e sospetti anche per l’inusuale decisionismo dal sapore “presidenzialista”. Infatti mentre Monti resta in carica (“è operativo”) perché è dimissionario ma non è mai stato sfiduciato, il Presidente lavora su un tavolo ribaltato: prima i contenuti, poi intese e schieramenti. I tempi? Dice Napolitano: “…Ciò potrà costituire comunque materiale utile: voglio dire anche per i compiti che spetteranno al nuovo Presidente della Repubblica nella pienezza dei suoi poteri”.

L’obiettivo è quello delineato dal Quirinale fin dall’inizio: avere un “governo valido” in carica. Niente avventurismo di doppi binari, maggioranze variabili, portatrici di non decisioni, non risposte ai problemi, sfiducia nel Paese che non vede l’uscita dal tunnel. Posizione questa su cui si erano espressi chiaramente Silvio Berlusconi e il Pdl che, in caso contrario, è favorevole andare al voto al più presto perché questa situazine danneggia il Paese.

Beppe Grillo, che annuncia “sceglieremo on line il nostro candidato Presidente della Repubblica, fa sapere che la decisione di Napolitano sembra suggerire “una possibile via uscita” e “si avvicina a una soluzione” . Parla da vincitore, insomma. Lui era favorevole alla proroga del governo Monti, nonostante i disastri del governo tecnico (o forse proprio per questo). E questa posizione solleva perplessità sulla mossa quirinalizia.

Dice infatti il segretario del Pdl Angelino Alfano, a sottolineare la prudenza del Pdl e i dubbi del Cav sulla via scelta da Quirinale: “Delle due l’una: o governo politico di grande coalizione o subito al voto. La prima ipotesi (da noi auspicata) è un accordo pieno, politico e di legislatura. Altrimenti la strada maestra è quella di tornare subito alle urne, senza frapporre alcun indugio. Come ulteriore atto di disponibilità e di responsabilità verso il Paese esprimiamo apprezzamento per la verifica programmatica auspicata dal Capo dello Stato, e speriamo che questo metodo dia buoni frutti, superando i veti e l’atteggiamento negativo del Pd. Il Paese è già stato trascinato per un mese dal Pd in una inutile perdita di tempo. Ora sarebbe rischioso protrarre lo stallo oltre ogni ragionevolezza, peraltro alla vigilia di una delicatissima riapertura dei mercati”.

E il Pd? Bersani si limita a twittare: “Pronti ad accompagnare percorso indicato da Napolitano. Governo di cambiamento e convenzione per riforme restano nostro asse”… Cercando di fare un passo indietro facendo finta di non farlo del tutto visto che comunque è il grande sconfitto. Ma a contare saranno le decisioni del “collettivo” piddino, ovvero su quale nuova linea si schiererà il partito che a causa della strategia fallimentare di Bersani rischia l’implosione diviso com’è fra bersaniani, giovani turchi, cattolici “insoddisfatti” e Matteo Renzi con i suoi pronto a tornare in campo. Per il Pd andare al voto in tempi brevi sarebbe una Caporetto.

E il Capo dello Stato ha regalato tempo anche al Pd ormai nell’angolo, visto che aveva solo due possibilità: andare dritto alle elezioni o fare l’accordo con il Pdl che Bersani si è sempre ostinato a escludere. Tempo prezioso (tra l’altro non ha revocato l’incarico esplorativo a Bersani). Vedremo se i democrat nell’annunciata direzione dei lunghi coltelli coglieranno questa “opportunità”. La mossa di Napolitano per loro suona come l’ultima chiamata perché rimettano assieme i cocci per potersi presentare alle urne con il leader che può davvero competere con il centrodestra: Matteo Renzi.
Per ora l’unica certezza è che si va avanti ancora avanti con il governo Monti per decisione presidenziale, speriamo bene perché visti i precedenti…

Ecco i “saggi” scelti da Napolitano
Gruppo di lavoro istituzionale: Valerio Onida, Mario Mauro, Gaetano Quagliariello, Luciano Violante. Gruppo di lavoro per l’economia: Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Authority della concorrenza; Salvatore Rossi, membro del Direttorio di Bankitalia, Giancarlo Giorgetti e Filippo Bubbico, presidenti delle Commissioni speciali di Camera e Senato, Enzo Moavero Milanesi.

IL DISCORSO DEL CAPO DELLO STATO

Il golpe di Napolitano di Alessandro Sallusti

Italia presidenzialista (ma a sua insaputa) di Vittorio Feltri

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