Guglielmo il Traghettatore ha fatto appena in tempo a dire “il mio orizzonte è il congresso, per ora, ma nessuno mi ha posto limiti…” che subito sulla sua segreteria di “reggenza” si sono addensate le prime avvisaglie di burrasca.

Epifani lo sa, è attrezzato, ha navigato a lungo tenendo il timone della Cgil e conosce bene la situzione del Pd, partito più che disunito, distrutto, situazione ben inquadrata dalle parole di Nicola Latorre: “Noi eravamo in una situazione emergenziale e riscontriamo una difficoltà effettiva”. Modo garbato e minimalista per dire quanto il Pd assomigli a una macchina guerra per niente gioiosa e in rotta, con i conti fra leader, cacicchi e correnti ancora tutti da regolare. E fino al congresso, con il passaggio intermedio di luglio quando dovranno uscire allo scoperto tutti i candidati alla segreteria, il percorso sarà davvero accidentato con il preannuncio di un autunno caldo piddino. E se il “correntismo è un male“, non per questo i big rinunceranno certo a dare battaglia assieme alle loro truppe e ai loro alleati.

Le prime avvisaglie di niet preventivi sono arrivate dai governatori della Liguria e della Toscana. Ha detto infatti Claudio Burlando: “Niente da dire sulla persona Epifani, persona rispettabilissima. Ma la scelta non mi convince, perché continua a rispondere a logiche da caminetto romano. Il punto è costruire un partito come si faceva una vola: attenzione ai territori, selezione di giovani segretari territoriali. L’attuale gruppo dirigente del Pd è come se avesse perso smalto e rapporto con la società”. Ha scritto Enrico Rossi sul suo blog: “La scelta di Epifani, fatta sabato dall’assemblea del Pd, è una soluzione di equilibrio oppure, se si preferisce, di completamento. Può essere utile purché si chiariscano subito questi tre punti: che al congresso ci si arrivi quanto prima; che il nuovo segretario del Pd non potrà correre come candidato premier; che il segretario Epifani sia di garanzia e quindi non ricandidabile.  Epifani non può certo rappresentare l’idea di rinnovamento, poiché ha già svolto un ruolo primario di rilievo nazionale nella prima e seconda Repubblica“. Parole chiare.

E se vogliamo aggiungere un carico da novanta sul tavolo, ecco Massimo D’Alema: non esclude a priori che anche l’ex lader Cgil possa candidarsi ma… “i congressi sono sovrani, ci sono già altre candidature… decideranno gli iscritti, credo possibile che al Congresso ci sia un rinnovamento, noi spingiamo per un rinnovamento anche generazionale, speriamo che accada“. “Speriamo che accada”, “rinnovamento”, ossia grandi manovre che non si sono mai fermate da quando sono partite il giorno dopo l’infausto risultato elettorale che ha fatto diventare Bersani una figurina nell’album degli ex. Da notare come su Epifani sia arrivato anche il “non gradimento” di Rosy Bindi (“è solo un traghettatore”) e di Sergio Cofferati (“non si sceglie così un segretario”).

Lavorìo di correnti instancabile perché c’è da decidere il peso politico della segreteria di reggenza: ovvero tutte le correnti dentro o segretari di maggioranza? Manuale Cencelli o reggenza meno esposta alle mediazioni almeno per quel che riguarda il sostegno del partito al governo Pd-Pdl-Scelta Civica guidato da Enrico Letta il cui appoggio (e quindi destino, visto che si dibatte di “maggioranze variabili” sui diversi provvedimenti) non può essere appeso alla guerra per bande scatenata attorno all’elezione del Capo dello Stato, attorno all’anti-berlusconismo che come collante unitario non funziona più come di mostrano tutti i sondaggi, attorno alla saldatura fra massimalisti interni e sinistra sinistra esterna che lavora di concerto con chi sogna l’Occupy Pd, il giurista Stefano Rodotà come bandiera e Beppe Grillo come alleato.

C’è poi da capire se in futuro, in base alle alleanza fra correnti e gruppi, attorno al nuovo segretario del Pd (oltre a Gianni Cuperlo si torna a parlare con forza dell’ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino che uomo nuovo di sicuro non è anche se di provata esperienza e dotato di concretezza. Lui dice che potrebbe anche pensarci e apre all’idea su posizione vicine sia a Renzi che a Veltroni: “Se si creeranno le condizioni per dare una mano al centrosinistra, a prescindere dal ruolo, può essere cosa su cui ragionare, ma allo stato attuale non ho obiettivi”) si solidificheranno alleanze forti attorno leadership di partito e premiership di governo da tenere separate con un Matteo Renzi deciso a dire cosa vuol fare da grande e chi invece lavora perché, no, resti a Firenze. Anche, altra ipotesi, potrebbe nascere nascere un ticket Letta – Renzi, una diarchia attestata su una linea politica lib-lab, più europeista e aperta, con “l’estrema” fuori dal partito in cerca di un’avventura altra ancorata a riti e istanze più radicali e giustizialiste, una “Cosa rossa” che non avrebbe vita facile comunque, visto che Grillo e suoi si sono spostati proprio sul quel terreno.

Interrogativi non da poco, questi, che accompagnano il Traghettatore che dovrà affrontare “l’autunno caldo del Pd“. Mare tempestoso nel quale l’ex sindacalista della Cgil era abituato a navigare, vele che deve tessere con abilità perché non si strappino e la nave dei democrat non faccia naufragio. Ne sarà davvero capace. E il Pd sopravviverà così come lo conosciamo visto che anche Romano Prodi “minaccia” di lasciare la barca?

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