La mitica antipolitica ha fatto flop nell’ ultima tornata di elezioni amministrative. Con la clamorosa (ma almeno per chi scrive non troppo) caduta dell’M5S. A tre mesi di distanza dalle elezioni politiche, quando i cinque stelle presero il 27% dei voti a livello nazionale, i consensi sono crollati, dopo il segnale negativo che era arrivato dalle recenti elezioni regionali del Friuli Venezia Giulia c’è la conferma: dove si è votato, l’M5S ha dimezzato i voti rispetto a quelli incassati tre mesi prima.

Grillo non salta più. L’ex comico non incanta come un tempo le piazze e le tante, troppe parole d’ordine, gli anatemi, le scomuniche a destra e a manca che ha lanciato hanno iniziato a essere percepite come un abbaiare alla luna.  E quelli persi dal non-partito della ditta Grillo & Casaleggio sono voti veri,  non virtuali. Che dipendono anche dai candidati presentati dall’M5S, dal loro livello, alla loro reale della capacità di incidere concretamente nelle istituzioni e sul territorio. L’idea che “chiunque” possa fare il sindaco, la selezione via web come se questo fosse la soluzione dei problemi del Paese così come è avvenuto per i parlamentari, ha mostrato tutta la sua debolezza. Come pensare che davvero internet fosse davvero l’acchiappavoti del nuovo millennio… tanto che ora anche l’ex comico e qualcuno dei suoi andrà in tv.

La sensazione della svolta – in negativo – dell’M5S è iniziata dopo lo sbarco in Parlamento con il balletto dei nomi da candidare alla presidenza della Repubblica. Tutti di sinistra: da Stefano Rodotà a Milena Gabanelli, da Gino Strada a Dario Fo. Connotazione marcatamente di sinistra – anche per spaccare il Pd – alla quale Grillo, a ridosso del voto, ha cercato inutilmente di porre rimedio puntando  sul no allo ius soli, sulla questione delle tasse e sul referendum contro l’euro per convincere, senza riuscirci, gli elettori moderati in fuga dal Pdl e dalla Lega che hanno detto “no grazie”.

Ma non è bastato, stavolta, lui che aveva giocato la partita pescando nell’elettorato deluso e arrabbiato di destra, sinistra e centro non ha convinto e stavolta lo slogan “non siamo nè di destra nè di sinistra” è rimasta una frase a effetto buona per tutti gli usi.

A questo va aggiunto il caos nei gruppi parlamentari – assolutamenti inadeguati e impreparati – con le sortite dei capigruppo Crimi e Lombardi che sono state un susseguirsi di gaffe e di uscite estemporanee fra detti e contraddetti uno più clamoroso dell’altro. Non ha giovato la tragicomica guerra degli scontrini e dei rimborsi spese dei parlamentari che ha mostrato la fragilità dell’ auto-proclamata “diversità” dei cittadini della web democrazia che pretendono di rappresentare la società civile, come fossero “sovrani” e non eletti da una parte dell’elettorato. Roba da matti.

Non hanno giovato le polemiche sulle partecipazioni ai talk show, il no alle interviste, gli attacchi ai giornalisti servi del padrone, inclusi gli ultimi contro la conduttrice di Report, Milena Gabanelli, il conduttore Ballarò, Floris e l’editorialista del Corriere della Sera Pierluigi Battista. Non hanno giovato le espulsioni di chi decide di parlare fuori dai canoni della teologia politica grillina con relativi “processi”. Non basta entrare nel Palazzo senza poi spiegare che cosa si vuol fare  fare e dove si vuole andare andare. Perché un conto è il consenso degli elettori che condividono un programma preciso e le scelte conseguenti, un conto è raccogliere voti di protesta tout court che oggi ci sono, domani no… Successe già a Giannini e all’Uomo Qualunque. Per semplificare: ricordate lo slogan “dalla protesta alla proposta” (aggiungo purché credibile)? Per ora questo passaggio non c’è.

Pessimo spettacolo quello portato in questi tre mesi sulla ribalta del teatrino della politica dall’ex comico e dai suoi seguaci affetti da tafazzite acuta, populismo e politicismo furbetto ma non troppo. Così stavolta non sono passati all’incasso al botteghino. Lo spettacolo non è piaciuto. Inutile minimizzare come fa qualcuno (da Becchi a Crimi…). La sceneggiatura è da riscrivere e forse anche qualche attore è da cambiare. Inutile che Beppe se la prenda con gli italiani che non l’hanno votato… proprio così. E rischia di fare la figura del capocomico che si lamenta di fronte alla platea che si è svuotata e guardandosi attorno grida: non mi meritate…

E l’ultima di Beppe è la fatwa contro il mitizzato Stefano Rodotà, il supercandidato dei Grillini al Quirinale per il quale i parlamentari M5S esposero i cartelli di sostegno in piazza Montecitorio. Ricordate? Quel candidato che alle “quirinarie” aveva preso poco più di quattromila voti. Bene, il giurista tanto amato ha osato criticare Grillo dopo la sconfitta alle ammnistrative e l’ex comico l’ha subito malamente e brutalmente scaricato definendolo “un ottantenne miracolato dal web”. Ma si può? Evidentemente sì… Aspettiamoci altre “sparate”, soprattutto contro i giornalisti oltre che i soliti noti – da Napolitano a Brusconi al Pd – l’importante è alzare il tiro per non perdere visibilità mediatica. Prima regola del Beppe Grillo-pensiero.

Ma i grillini sono stelle o meteore? di Francesco Maria Del Vigo

Grillo arrenditi di Vittorio Feltri

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