Le vacanze dorate in Costa Smeralda hanno fatto bene a Beppe Grillo che dopo l’incontro assieme a Casaleggio con Giorgio Napolitano, si è rituffato nelle acque turbolente della politica politicante, di sicuro meno cristalline di quelle della Gallura. Doppio il fronte aperto a tutto campo, da un lato (non poteva che essere così) la ripresa dell’escalation di attacchi a Silvio Berlusconi (Mediaset inclusa, ovvio), dall’altro il giochino movimentista con carte tutte da vedere perché i bluff sono sempre all’ordine del giorno delle “aperture” al Pd.

Pd che, nel gioco al massacro precongressuale che vede tutti contro tutti, sembra più che un partito una maionese impazzita fra scontri, insulti e quant’altro è possibile in una guerra come non si vedeva da tempo, richia di mettere in crisi il governo di Enrico Letta finendo – se saltasse – di essere indicato dall’opinione pubblica come il responsabile dell’ennesima crisi dagli esiti imprevedibili.

Tanto imprevedibili che, pur di far salate le larghe intese con il Pdl e “l’odiato” Berlusconi, i democrat stanno regalando spazi politici insperati all’M5S che si spinge di nuovo avanti offrendo un patto (proponibile e realistico?) proprio al Pd. Cementato dal primo obbiettivo (quello di sempre): far fuori il Cavaliere, togliendo di mezzo il governo Letta per arrivare a formare una maggioranza diversa e inedita: Pd – Grillo.

Spiega il capogruppo grillino al Senato, Nicola Morra intervistato da Repubblica: “La fiducia a un governo con il Pd? Non posso escluderla. Naturalmente passando sempre da un momento assembleare”. Come? Facendo un accordo programmatico: “Se il Pd si presenta da noi con cinque o dieci punti realizzabili, e realizzabili immediatamente” dice, “non posso escludere  non posso escludere” che il M5s possa votare la fiducia e governare insieme ai democratici. “E magari, prima, si potrebbero presentare cinque disegni di legge con le loro firme e anche le nostre”.

Insomma, Morra conferma quello che era sottotraccia da tempo, l’M5S diloga almeno con “pezzi” ed esponenti del Pd di sicura fede antiberlusconiana e con chi vuole che l’esperienza delle larghe intese finisca al più presto con la sottoscrizione del “patto del Grillo”.

Manovre tutte da verificare perché potrebbe essere la riedizione del gioco preferito di Beppe: spaccare il Pd sfruttando le divisioni interne del Partito Disunito per vincere le elezioni politiche quando si tornerà al voto. Che poi è una strategia nemmeno tanto nascosta, visti i precedenti che hanno portato a bruciare l’incuto segretario Bersani.

Ma la domanda è: con quale Pd si potrebbe alleare l’M5S? Con tutto il partitone rosso-bianco compatto e unito o solo con una parte pronta a spaccare tutto pur di cambiare le carte in tavola? E il Pdmenoelle – come lo definisce Grillo – accetterà davvero di stare al gioco sfascista grillino proponendo un governo inedito che guarda all’Europa ma è sostenuto da chi vuole il referendum contro l’euro? E il presidente Napolitano darebbe il via libera a un ircocervo del genere? Domande non da poco.

Si aspettano risposte dagli “statisti” del Pd per ora impegnati nel gioco di ruolo dei “signori della guerra”, con generali e cacicchi impegnati a schierare avanti e indietro a secondo delle convenienze del momento le truppe (rappresentate dalla mitica “base”) divisi tra “noi” e “loro” con corollario di correnti e correntine: renziani, bersaniani, dalemiani, veltroniani, franceschiniani, giovani turchi, partito dei sindaci, chi una volta di qua (con Renzi che – sorpresa – incontra la Merkel in gran segreto…) e una volta di là (contro Renzi)… Chi fra quelli di Largo del Nazareno userà (o si farà usare) da Grillo, dato per scontato che il trappolone è contro Silvio, ma con la stessa rete l’ex comico vuol prendere anche il Pd?

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