Io sono croato ma ho sposato una montenegrina. Qui a Podgorica tutti mi vogliono bene e mi invitano sempre a mangiare a casa loro. Ma questi, vedi, sono i Balcani: qui so che oggi i montenegrini ti chiamano a mangiare l’agnello arrosto ma il giorno dopo sei il primo a cui sparano senza ragione solo perché sei croato. Benvenuto nei Balcani, ragazzo”. E Djorsiy alias Giorgio in italiano, guida turistica tuttofare ma anche uomo di fiducia di alcune aziende locali, ride contento constatando il mio stupore appena sbarcato smarrito all’aeroporto internazionale di Podgorica qualche settimana fa.

Già i Balcani. Io sono italiano e i Balcani ce li ho nel sangue, la mia famiglia è da 100 anni almeno che inciampa su queste terre. I miei nonni e miei prozii ha combattuto contro tutte le etnie dell’impero austrungarico nelle trincee della Grande Guerra, spesso faticando a distinguere bosniaci e serbi, stiriani e carinziani, ungheresi, sloveni e croati. Mio padre proprio sulla frontiera croata ha combattuto nella Guardia alla Frontiera, disciolto corpo del Regio Esercito con il compito di proteggere le frontiere durante la seconda guerra mondiale, arroccato in una improbabile linea Maginot all’amatriciana che da Ventimiglia arrivava fino a Fiume. Già, i Balcani … mio padre quando nel 1954 i bersaglieri entrarono a Trieste mollò su due piedi il lavoro e corse in macchina a commuoversi dal lontano mentre guardava Trieste tornare italiana.

Per me l’anima dei Balcani è il crogiolo delle culture, delle religioni, l’incontro delle storie al plurale. Ed è inevitabile che il cozzo di mondi diversi produca attriti, a volte terribili, così come produca prodigi, sempre incredibili. I Balcani sono terre di contrasto, terre maledette o benedette a seconda del verso che prendi, mai terre ignave.

Ma non puoi dire certo ad un croato di essere balcanico perché lui offeso ti replicherà che è un suddito dell’imperatore Cecco Beppe, magari proprio ad esagerare un europeo, ma che i Balcani partono sempre e comunque a sud di dove vive, là sì che corrono i Balcani con i loro abitanti serbi, montenegrini, albanesi e macedoni. I croati, come gli sloveni, sono i nordici dell’ex Jugoslavia e da sempre guardano con un malcelato senso di superiorità, reale o supposta non so, i loro finitimi meridionali. Eppure anche la Croazia, soprattutto nell’ultimo secolo, è stata divorata dal fuoco che arde da sempre in quelle terre, e persino il più nazionalista dei croati non potrà negare di essere ancora oggi un poco “jugoslavo”, se non altro più dentro che fuori.

E proprio il ritrovare questo caravanserraglio di sapori, di sensazioni, di precordi familiari è stato il dolcissimo regalo del nuovo libro di Drago Hedl (autore) ed Estera Miočič (traduttore) “Il silenzio elettorale” uscito fresco fresco di stampa da Marsilio, Venezia, euro 18.50.

È la storia di un apparente suicidio di una ragazzina ad Osijek, un suicidio che le indagini di un ispettore dalla vita travagliata e di un giornalista vero ribaltano in omicidio. I mandanti ? E’ tempo di elezioni in Croazia e i sospetti sono negli ambienti della politica locale … anzi peggio nel candidato in testa ai sondaggi per il suo populismo … ma mi fermo qui perché la trama è relativa in un libro che ti fa assaporare secoli di storia e il sapore di un Paese come la Croazia. Con un finale con il botto che un po’ di stupisce e ti costringe a rileggere le ultime pagine con avidità perché ne rimani travolto nella sua semplice genialità. Non vi preoccupate, nonostante le apparenze il giornalista e l’ispettore avranno il sopravvento sul corrotto politico che non vincerà mai le elezioni, ma non voglio anticipare il finale perché vi rovinerei il libro. Era da anni che non leggevo un romanzo come questo: semplice, diretto, pieno di profumi e di sapori. In  una era dove la Croazia è tornata potentemente al centro dell’attenzione di noi italiani per ragioni di comunanza nella casa europea (e prosaicamente turistiche) è bene che cominciamo a condividere con essa anche quelle profonde radici che legano la nostra storia di italiani a quella dei croati negli ultimi secoli.

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