Da vecchio giornalista di campagna spesso rimango esterefatto da quello che i miei colleghi propinano ai lettori.

Prendiamo l’esempio dell’incidente di Bologna: la Polizia di Stato ha diffuso il video in cui si nota chiaramente che il camion NON rallenta minimamente prima di tamponare un camion già fermo a distanza di poco meno di 100 metri.

Sono 5-10 secondi in cui sembra che il conducente dell’autocisterna “non sia” all’interno della cabina.

Che cosa stava facendo ?

Dormiva ?

Guardava la televisione ?

Oppure semplicemente … beh … lo penso io come lo pensate voi: stava chattando su whats’ up oppure guardando i post su Facebook del vicino di casa che aveva pubblicato la foto della pizza che aveva mangiato il giorno prima.

Sì, non ci sono altre spiegazioni, il colpo di stanchezza è possibile ma è verosimile che invece sia stata un’altra distrazione, che noi tutti facciamo (me compreso) quando guidiamo.

 

Nessuno ne parla. Nessuno ha accennato a questa possibilità. Tutti si rimettono con le frasi di rito alle indagini, che ovviamente non chiariranno assolutamente niente.

Dovremmo invece scrivere noi giornalisti che sarebbe meglio chiudere i telefonini dentro il bagagliaio spenti e poi prendere la guida.

Ma non lo facciamo mai. E purtroppo nemmeno lo scriviamo.

Siamo tutti responsabili, non solo il povero conducente di quell’autocisterna.

Siamo la società della comunicazione ma in realtà non ci rendiamo conto che la comunicazione a distanza uccide come una pistola.

E l’incidente di Bologna a naso mi sembra essere proprio uno di questi casi.

Spero ardentemente che le indagini possano smentirmi, semmai le indagini appureranno qualcosa, ma almeno ho scritto quello che io penso e che anche voi tutti pensate.

E mi piacerebbe che anche gli altri colleghi lo facessero.