“Profondo è l’odio che l’animo volgare nutre contro la bellezza”. Di fronte all’iconoclastia politicamente corretta l’avvertimento di Ernst Junger suona oggi più attuale che mai. L’ondata di follia estiva che attanaglia gli Stati Uniti (e di conseguenza ciò che rimane di questo scassato e misero Occidente) non sembra placarsi. Anzi.

Dopo la rimozione delle statue dei condottieri confederati (i nobili vinti della guerra di Secessione conclusasi da un secolo e mezzo), le minacce alla colonna innalzata ottant’anni fa dalla città di Chicago al trasvolatore Italo Balbo (gerarca fascista ma, anche e soprattutto, un pioniere dell’aviazione) e l’isteria verso la memoria di Cristoforo Colombo, (il marinaio genovese che osò  sfidare il “grande mare oscuro”) tocca ora a “Gone with the wind”, il film più amato della storia.
Un cinema di Memphis, l’Orpheum Theatre, ha deciso di togliere “Via col vento” dalla sua programmazione perchè “indelicato” e  “razzista”. Immediatamente i mass media liberal hanno applaudito e suonato le loro trombette: basta con il capolavoro di David Selznick, basta con il romanzo di Margaret Mitchell (vincitrice del Pulitzer nel 1937), basta con Dixie, il Sud, i confederati e la loro travagliata epopea. Basta con la Storia. Il passato va riscritto. Subito.
Per i “liberal” americani (e nostrani) urge censurare, cancellare, rimuovere, seppellire ogni narrazione “scorretta”. Basta con “Via con il vento”, basta Clark Gable, Vivien Leigh, Leslie Howard, Olivia de Havilland.  Tutti razzisti, “sudisti”, cattivi.

E chi se ne frega degli otto Oscar (di cui uno a Hattie McDaniel, la mitica “mamie”, la prima afroamericana premiata a Hollywood), dei 2 premi speciali e degli straordinari incassi. E chi e ne frega  del giudizio dei critici (vedi, in Italia, le schede di Farinotti, Menghetti e Morandini) o della passione del pubblico.

Per loro fortuna (e purtroppo per noi..)  il professor Raimondo Luraghi, partigiano e medaglia d’Argento al valor militare, non c’è più. Il docente, massimo studioso della guerra civile americana,  avrebbe stroncato senza pietà questa follia. Una follia piena e devastante a cui, con le parole del capitano Rhett Butler, rispondiamo: “francamente, me ne infischio”.

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