Quattro dicembre 1961. San Donato Milanese. Enrico Mattei inaugura l’anno accademico della Scuola di studi sugli idrocarburi, il laboratorio dell’Eni. Ad ascoltarlo politici, docenti e allievi, molti dei quali provenienti dalle nazioni del Terzo mondo in cui il “cane a sei zampe” opera con successo. A loro il presidente dedica un passaggio centrale del suo discorso: «Noi ci siamo trovati, sedici anni fa, in una situazione tragica. Sapevamo che c‘era qualcosa da fare, ma solo un piccolissimo numero d’uomini erano preparati per coadiuvarci. Non avevamo le esperienze tecniche nella ricerca degli idrocarburi e gli altri ne approfittavano. Quando ci siamo messi al lavoro siamo stati derisi, perchè dicevano che noi italiani non avevamo le capacità nè le qualità per conseguire il successo. Eravamo quasi disposti a crederlo perchè, da ragazzi, ci avevano insegnato queste cose. Io proprio vorrei che gli uomini responsabili della cultura e dell’insegnamento ricordassero che noi italiani dobbiamo toglierci di dosso questo complesso d’inferiorità… Ricordatevi amici di altri paesi: sono le cose che hanno fatto credere a noi e che ora insegnano anche a voi. Tutto ciò è falso e noi ne siamo un esempio. Dovete avere fiducia in voi stessi, nelle vostre possibilità, nel vostro domani. Ma per fare questo è necessario studiare, imparare, conoscere i problemi. E noi ci mettemmo con tanto impegno e abbiamo creato scuole aziendali per ingegneri, per specialisti, per operai, per tutti e dappertutto».

La dignità e la sovranità nazionale attraverso il Sapere, la conoscenza, lo studio. Il sacrificio. Mattei parla agli stranieri per ricordare agli italiani doveri e obiettivi. Nella sua visione non vi è posto per «bravi letterati, bravi poeti, bravi cantanti, bravi suonatori di chitarre, brava gente senza le capacità della grande organizzazione industriale». Per il fondatore dell’Eni — l’uomo che ha sfidato i partiti nostrani, il cartello delle “sette sorelle”, i monopoli petroliferi — l’Italietta pittoresca pervicacemente attanagliata dal complesso d’inferiorità verso gli stranieri rappresenta un paesaggio e un sentimento insopportabili.

L’insofferenza e le speranze del roccioso marchigiano si ritrovano in tutta la loro freschezza e attualità nella breve raccolta di alcuni suoi discorsi editata dalle edizioni di Comunità con il significativo titolo “Il complesso di inferiorità” (ppgg. 55, euro 8.00). Si tratta di sei documenti che illustrano i cardini dell’azione di Mattei: il neo patriottismo come volano della modernizzazione e dello sviluppo, la valorizzazione del Meridione (e la Sicilia, in particolare), l’anticolonialismo e la collaborazione paritaria con le realtà statuali emergenti, il “neo atlantismo” come chiave per l’autonomia nazionale nel contesto occidentale.

Al centro la certezza che «la cosa più importante per un Paese, l’indipendenza politica, non ha valore, non ha peso se non c’è indipendenza economica. Ma avere l’indipendenza economica significa avere il controllo delle proprie risorse». Pensieri lunghi e innovativi ma per “qualcuno” destabilizzanti, pericolosi.

L’Italia del miracolo economico, l’Italia sovrana, l’Italia di Mattei dava fastidio a molti, a troppi. Il 27 ottobre 1962 un boato nel cielo di Bascapè chiudeva tragicamente una stagione. Ma la lezione di Mattei, come questo esile quanto prezioso libro conferma, rimane sempre valida e feconda. È tempo di riprenderla.

 

 

 

 

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