Alla fine dal governo gialloverde è arrivata una scelta degna dell’Azzeccagarbugli manzoniano. Palazzo Chigi ha inviato una lettera alla Telt per autorizzare l’approvazione di avvisi per i 2,3 miliardi di lavori del tunnel di base della Tav con la clausola di dissolvenza che sarà motivata dall’avvio della procedura di revisione del trattato italo-francese.  I contenuti della direttiva e dei bandi non sono ancora noti ma sarà comunque presente un riferimento alla volontà (?) di chiedere a Parigi e Bruxelles di rivedere almeno parzialmente il Trattato. La stramba missiva è frutto della fragile intesa raggiunta in extremis da Lega e M5S e terrebbe conto delle richieste avanzate ieri dall’imbarazzato Gigino di Maio. Insomma, ancora melina e niente lavori sino alle europee, poi qualcosa (forse) succederà.

L’ennesimo pasticcio. Chissà cosa ne pensa il poliedrico e plurale professor Marco Ponti, attuale riedizione del  goldianiano Arlecchino servo di due padroni. Già, il Ponti 1 è l’arcigno no Tav caro ai grillini mentre Ponti 2 è quello che glorificava a Bruxelles la Tav. Problemi di sdoppiamento di personalità o di tariffario?

Ma se l’Italia resta ferma altri attori si muovono, anzi corrono.  Gli svizzeri su tutti. Settimana scorsa la Camera alta del Parlamento elvetico ha approvato all’unanimità il progetto “Ferrovia 2035”, un investimento di 12,82 miliardi di franchi per oltre 200 progetti destinati all’ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria svizzera. L’obiettivo primario è adeguare l’offerta alla domanda crescente completandola con collegamenti supplementari a cadenza semioraria e quartoraria. Il traffico ferroviario, sia merci che passeggeri, è infatti in forte aumento e molte linee sono ormai congestionate.

“La mobilità – ha dichiarato il deputato Claude Hêche – è una delle chiavi della prosperità del nostro paese. Grazie a qualità e densità dell’offerta ferroviaria abbiamo evitato paralisi della rete stradale”. Idee chiare. La fase di ampliamento 2035, finanziata con il Fondo per l’infrastruttura ferroviaria (FIF), è quindi indispensabile e il credito approvato è di quasi un miliardo superiore rispetto a quello chiesto dal governo.

Il piano è suddiviso in più punti. Traffico locale e turistico  — costruzione di una nuova linea Neuchâtel e La Chaux-de-Fonds, investimenti a Landquart, in Prettigovia,  sulla linea del Bernina tra St. Moritz e Tirano, sulla Locarno – Intragna etc. —;  interventi strutturali sulle tratte principali — Ginevra – Losanna, Berna – Friburgo – Zurigo, Berna – Briga,  Basilea – Bienne, Lucerna – Zurigo e Lucerna – Engelberg —. Per il traffico merci è previsto un potenziamento del traffico rapido est-ovest. Tracce supplementari destinate al settore “cargo” sono previste su diverse linee, tra cui la Zurigo – Lugano. Prossimo passo (sempre se l’Italia si muove) il porto di Genova.

Risultato? I nostri vicini rosso-crociati stanno preparando un corridoio alternativo alla Torino-Lione. Un tracciato ad alta velocità e alta capacità che, ignorando l’Italia, da Lione – Ginevra raggiungerà Monaco e poi Vienna per innestarsi sul corridoio che porta alla capitale ungherese, una delle future porte (vedi la futura linea Av/Ac Pireo-Belgrado-Budapest) della “via della seta” sino-europea.

Per cortesia, qualcuno avverta il tristo Toninelli e, soprattutto, il suo proteiforme luminare. Lassù c’è lavoro anche per un Ponti 3.

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