Il Vulcano Momotombo vicino a leon

Il vulcano Momotombo vicino a León

I colori dei mercati traboccanti di amache, i vulcani fumanti, il fascino coloniale, tanta gioia di vivere e una vegetazione esuberante. Il Nicaragua è tutto questo e molto di più. Un Paese che sa sorprendere con una dolcezza tutta particolare. Con un’unica eccezione: la capitale. La città, “Where the streets have no name” come cantavano gli U2 a metà degli anni ’80, mostra soprattutto desolazione. Ancora sfregiata dal terribile terremoto del 1972, Managua ha case dimesse, una cattedrale pericolante e ai semafori venditori abusivi di iguane.

Iguane vendute illegalmente in strada per essere cucinate

Iguane vendute illegalmente in strada per essere cucinate

Ma basta lasciare la capitale per incontrare un Paese completamente diverso. A cominciare dai vulcani. Masaya, nel parco omonimo, con il suo cratere Santiago immerso in un groviglio di nuvole e vapori sulfurei, dove i pappagalli Chocoyos nidificano miracolosamente tra i gas del cratere. Un po’ spettrale si staglia tra le nuvole una grande croce eretta da Padre Francisco Bobadilla per scacciare il demonio, proprio lui, l’inquisitore che rispedì Cristoforo Colombo in madre patria in catene per cattiva gestione del regno. L’orizzonte si apre con dolcezza di fronte alla grande Laguna di Masaya creatasi in un antico cratere: la si ammira seduti al tavolo del ristorante El Bucanero, gustando tenerissima carne accompagnata dal cimichurri (salsa verde) innaffiata da un Giamaica, succo ricavato da un fiore.

La Laguna di Masaya tra una vegetazione lussureggiante

La Laguna di Masaya tra una vegetazione lussureggiante

A Masaya non si possono perdere i mercati: quello Artesanías, più turistico, e il più popolare (e suggestivo) Mercado Municipal Ernesto Fernández , frequentato dai locali. Così come lo street food nei comedor (specie di trattorie di strada) con il famoso Vigoron: insalata di cavolo, pomodori, cipolle e peperoncino marinati, yuca e pezzi di maiale. Tutto servito in foglia di banana e innaffiato di pittaya, il succo viola del cactus selvatico.

I colorati mercati di Masaya

I mercati colorati di Masaya

Granada sorprende per l’eleganza coloniale, i locali chic lungo l’Avenida La Sirena,  negozi molto ricercati come la Galeria de Artes in Calle Real Xalteva, la raffinatezza di hotel come La Gran Francia: boutique hotel di charme dove ogni dettaglio è uno scampolo di storia, con una piccola piscina nel patio interno, lavabi in ceramica con dipinte cattedrali e un ottimo ristorante. Val la pena fare un giro in carrozza (mezzo usato anche dai locali), salire sulla torre campanaria della Chiesa di La Merced, perdersi tra strade, piazze e chiese, il Convento di San Francesco (il più antico del centroamerica) con museo annesso, il Mercado Municipal, il Caffè Sorrisas, dove Tio Antonio ha creato un bar e un laboratorio di amache per dare occupazione a ragazzi disadattati e diversamente abili.La sera si va nei tanti localini che animano la notte di Calle La Calzada a gustare un bicchiere di Flor De Caña, il migliore e più diffuso rum del Nicaragua.

A Granada anche i locali usano la carrozza

A Granada anche gli abitanti usano la carrozza

Sono cedri reali che sembrano cattedrali ombrose quelli che traboccano da Las Isletas: 365 isolette private sul Lago Cocibloca, lo stesso sul quale si affaccia Granada, (secondo più grande al mondo) dove pullulano ville e piscine. Un giro in barca e poi una salita al Vulcano Mombacho a quota 1345 m per ammirare ( se si è fortunati) orchidee selvagge, il Barranco, uccello nazionale dall’azzurro delicato, orme di puma e comprare indimenticabile caffè biologico alla vaniglia.

In canoa sul Lago Cocibloca tra  Las Isletas

In canoa sul Lago Cocibloca tra Las Isletas

Diretti al Pacifico, si corre lungo la Panamericana, un tratto della “Ruta de Transito”, percorsa dai cercatori d’oro nell’800 quando da New York, per non attraversare il pericoloso centro degli Stati Uniti, navigavano fino al Rio San Juan, attraversavano il lago e raggiungevano il Pacifico per imbarcarsi alla volta della California. Nei pressi di San Juan del Sur (ottimo il pesce al ristorante on the beach Vivian) si assiste a uno spettacolo che da solo vale il viaggio: a Playa El Coco  i responsabili di una nursery di tartarughe lasciano liberi in spiaggia decine di piccoli esemplari che si muovono all’unisono verso l’Oceano. Solo pochissimi sopravviveranno. E la notte al Refugio de Vida Silvestre La Flor accucciati dietro una tartaruga  si assiste alla deposizione delle uova. Dopo aver rimesso a posto la sabbia della buca e compattata con cura infinita, ritorna al suo mare, diretta, addirittura, in Australia. Da agosto a novembre sono decine di migliaia gli esemplari che arrivano. Bussole genetiche che seguono misteriosamente le fasi lunari. Un miracolo di forza e di tenerezza.

A Playa El Coco piccoli esemplari di tartaruga si muovono verso l’Oceano

Fascino coloniale ed effervescenza intellettuale a León, città dall’anima rivoluzionaria, ricca di fermenti giovani e rivoluzionari. A León ci sono le principali università, il museo di arte contemporanea “Ortiz-Gurdian”, la tomba del poeta Rubén Dario e il Museo de la Revolucion, in una grande confusione di suonatori di tamburi e continue processioni, murales, mercati, ragazzi che vendono granite su carrettini tappezzati di moniti religiosi, bus pubblici che sono praticamente camion. E la più grande cattedrale del Centromerica dal cui tetto candido (dove sembra essere caduta neve) si ammira rigorosamente a piedi nudi la città e la corona di vulcani fumanti.

Sul tetto della cattedrale di Leon si cammina scalzi

Sul tetto della cattedrale di León si cammina scalzi

Si dorme a El Convento, hotel-museo, un monastero convertito in albergo dove le lancette sembrano essersi fermate, tanto da rimanere fedele a se stesso nei secoli. Così la notte diventa un viaggio nel tempo. Un’altra sorpresa in un Paese che conserva ancora una genuinità rara e coinvolgente. Da vivere prima che cambi.

I coloratissimi murales di León

I coloratissimi murales di León

 

 

Elena Pizzetti

@ElenaEpizzet

credits foto: Elena Pizzetti

 

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