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La Porta dell’India, brulicante di turisti e venditori, e il Taj Mahal Intercontinental, con la sua svettante cupola rossa, scompaiono velocemente mentre il battello, con a bordo anche un piccolo coniglio domestico, forse una mascotte portafortuna, si allontana dalla banchina. Lasciamo Mumbay alle spalle, mentre davanti a noi decine e decine di porta cargo emergono, come vascelli fantasma in un silenzio irreale, dalla bruma grigia del mattino adagiata sul Mar Arabico. Sagome immobili in un’atmosfera sospesa che induce il silenzio anche a bordo.

 

Siamo diretti all’Isola di Elephanta (a circa 30 km da Mumbay): una volta approdati, un trenino sferraglia rumoroso fino all’inizio dei 120 gradini costellati di bancarelle che conducono alle gigantesche grotte dove, dal 500 al 700 d.C., fu scavato e scolpito, in un blocco di basalto sporgente, un tempio rupestre dedicato a Shiva. Grandi colonne monolitiche scavate nella roccia, eleganti raffigurazioni di Shiva anche con la sua sposa Parvati, una bellissima Trimurti, la forma triplice dell’Essere Supremo induista, con i tre volti di Brahma il creatore, Vishnu, il conservatore e Shiva, il distruttore. E due massicci Linga dalla classica forma fallica che indicano l’Assoluto, unione della volta celeste con la terra.

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E’ domenica e le donne si muovono eleganti avvolte nei sari colorati su cui scivolano cascate di capelli neri lucenti e di lunghe trecce, mentre le bambine sembrano piccole bomboniere, tanta è la profusione di tulle. Drappelli di soli uomini si scattano foto su foto, mentre i portantini arrancano sui gradini trasportando sedie colorate sulle quali hanno sistemato turisti in difficoltà. Un uomo anziano e magro siede per terra con una moderna pesa di fronte. Una giovane coppia si ferma, la ragazza chiede al fidanzato di pesarsi e dà un’offerta. Se fosse negli Usa, penso, potrebbe diventare ricco.

Mumbay, sette isole, 22 milioni di abitanti, la più popolosa città dell’India, capitale finanziaria e del Maharashtra. Un insieme di contrasti sovrapposti: lungo la strada che collega l’aeroporto internazionale alla città l’immenso slum di Dharavi è uno sterminato groviglio di baracche e di fili, fogne a cielo aperto, montagne di plastica e una umanità che vive nella polvere della strada. In centro gli ecclettici edifici coloniali britannici, in primis la ex Victoria Terminus, la stazione ferroviaria, stupefacente puzzle di cupole, guglie, colonne corinzie e minareti. Il quartiere residenziale sulla collina di Malabar, dove vive la crème cittadina, ha lussureggianti giardini pensili e un luogo dove i pharsi porgono agli avvoltoi sulle Torri del Silenzio i cadaveri dei loro cari.

E poi Dhobi Ghat, uno spazio senza tempo, la più grande lavanderia a cielo aperto del mondo, dove in otto chilometri quadrati per poche rupie ogni giorno vengono lavati 750.000 capi da circa 8.000 lavoratori, per lo più uomini, che ritirano, lavano e consegnano a mano i panni di privati, alberghi, ospedali, uffici, industrie. Alle spalle, i grattacieli del futuro e, tra le baracche, un numero impressionante di vasche, mentre i panni, stesi ovunque, formano una disordinata selva colorata.

Poca strada e di nuovo tutto cambia: ecco l’elegante quartiere residenziale di Laburnum Road, piacevole via alberata, dove si può visitare il Mani Bhavan Museum che fu il quartier generale di Gandhi, con la sua personale libreria.

 

Penso ai suoni incessanti dei clacson (in India per guidare occorrono buoni clacson, ottimi freni e molta fortuna) nel silenzio della mia cabina numero 7111: accogliente con, sorpresa, un bagno molto comodo. L’oblò lascia intravedere luci lontane sul mare, mentre studio il diario di bordo, prezioso strumento che ogni sera racconta tutto, ma proprio tutto dell’indomani. Non solo orari ed escursioni, ma anche le formalità di sbarco in ogni porto. Da queste parti c’ero stata dieci anni fa. Gli indiani sono diventati più fiscali. Ma l’organizzazione a bordo è impeccabile.

Sono a bordo di Costa neoClassica: la rotta parte da Mumbay e tocca New Mangalore, Cochin e, dopo una emozionante navigazione di circa 36 ore, Malè, nelle Maldive. 1.300 passeggeri e 654 cabine sono una dimensione che consente di vivere la nave come un albergo senza le rigidità dei grandi numeri (come le tanto odiate fasce orarie nei ristoranti). Si cena quando si vuole e si raggiunge tutto molto facilmente. A bordo o in escursione è facile stringere nuove amicizie. Così capita spesso di aggiungere posti a tavola. A proposito di tavola: le cene sono dedicate alle cucine regionali italiane con menù curati dallo chef Domenico Patamia e vini abbinati al calice. Alcuni piatti indiani sono comunque sempre disponibili, come l’ottima Dhal Lentils Suppe e il caldo pane chapati. A pranzo nel ristorante oltre al menù è sempre a disposizione un buffet indiano. La spa è molto piacevole: ampie visuali sul mare, centro fitness, sauna e bagno turco e personale qualificato. Da provare. E se la nave ha i suoi anni, il restyling del 2014 assicura il giusto confort ovunque, soprattutto in cabina.

 

L’indomani sbarco a New Mangalore nello stato del Karnataka, ma non mi fermo in città. Vado a visitare il tempio giainista Saavira Kambada, detto dei 1.000 pilastri (tutti monolitici), a Moodbidri, un villaggio molto importante  per i giainisti, dove si trovano altri 18 templi e sono custodite antiche scritture sacre.

 

Lungo un nastro di asfalto “dalle mille curve” raggiungo Karkala nel distretto di Udupi, dove su un’altura si erge la statua granitica monolitica dedicata alla divinità giainista Bahubali (o Gomateshwara). La vegetazione tropicale è fitta e lussureggiante: una grande foresta di palme si estende ovunque dalla quale emerge, come in un sogno, sulla collina vicina, un tempio che ricorda molto vagamente una costruzione maya (ma forse ho le allucinazioni). Dopo pochi chilometri assaggio il succo di anans più buono mai bevuto: fresco e senza alcuna aggiunta di acqua o zucchero. E’ il benvenuto della Soans Farm a Moodbidri, fattoria dove si coltivano oltre 30 tipi di frutta tropicale, spezie, erbe medicinali, pepe, squisiti anacardi  e vengono organizzati gustosi buffet all’ombra di bambù giganti. L’energia del luogo è particolarmente piacevole. E’ poi la volta del tempio induista Krishna, a Udupi, a circa 60 km da New Mangalore: un’area sacra molto animata a cinque minuti dalla via principale, dove si trovano molti college e sfrecciano motorini guidati da indiane in sari con intere famiglie a bordo. Comunicazione di servizio importante: nei templi giainisti e induisti si entra scalzi.

L’ultimo giorno in India è dedicato a Cochin in Kerala, antico e importante centro delle spezie. Qui ci fu il primo sbarco europeo in India ad opera dei portoghesi nel 1498, seguiti poi dagli olandesi. Vasco De Gama fu sepolto nella chiesa di San Francesco prima di essere riportato a Lisbona. Così un quarto della popolazione è cristiano e sono sorprendentemente numerose le chiese (e i cimiteri), alcune dalle fogge un po’ bizzarre. Per lo shopping si va in tuc tuc al mercato del quartiere ebraico, ricco di oggetti interessanti, dai pigmenti colorati all’incenso naturale al cotone.

Ma è soprattutto l’atmosfera liquida e soffusa delle backwaters a incantare: canali dove scivolano canoe nere dalle estremità arrotondate, le houseboat dei pescatori, le grandi reti da pesca quadrate che sono l’emblema visivo del luogo, sorrette da telai in tek comandati da pesi e carrucole. Le fish farms, dove si allevano soprattutto gamberetti, con i loro grandi specchi di acqua delimitati da “filari” di palme. Al villaggio di Kumbalangi la comunità dà dimostrazione di alcuni saperi artigianali, dalla ceramica all’utilizzo della palma da cocco. Ma è ora tempo di lasciare l’India e le lunghe spiagge del Kerala: chilometri dorati costellati di palme che sembrano tanti fuochi d’artificio verdi protesi verso l’oceano.

La navigazione verso le Maldive dura circa 36 ore: solo oceano blu cobalto che si perde oltre l’orizzonte “tondo” con nuvolette perfettamente allineate in fila indiana e un tramonto che indora ogni cosa. Nessuna imbarcazione avvistata. L’ultimo giorno si trascorre nell’acqua calda e accogliente di un resort vicino a Malè, tra lunghi bagni e camminate sulla sabbia corallina e termina con un breve giro in città in cerca dei parei tradizionali.

Per chi vuole salpare verso queste mete, la prossima crociera Colori dell’India (esiste anche una versione di 14 giorni con sbarchi in Sri Lanka e a Goa) riprende il 18 novembre prossimo con partenze fino al 10 marzo 2018. Buona navigazione.

 

Elena Pizzetti

@ElenaEpizzet

Crediti fotografici: Elena Pizzetti

 

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