Crollo dei prestiti a famiglie e imprese e quindi commissioni e margini sempre più sotto pressione; sofferenze in aumento e quindi un maggiore costo del rischio:  la diagnosi dei medici dell’Abi sulle banche italiane solleva nuovi timori sul terzo trimestre e quindi sulla tenuta dei bilanci a fine anno. A settembre gli impieghi hanno accusato una contrazione del 2,57%. Il peggior dato di sempre per  un aggregato che prima della crisi cresceva con tassi a due cifre. «Non c’è domanda di credito per gli investimenti», nota il capo economista dell’Abi, Gianfranco Torriero, «ma solo per ristrutturazioni». Il dato assoluto è di 1.484 miliardi di impieghi a fine settembre per famiglie e imprese, 40 miliardi in meno rispetto a un anno prima.
Malgrado i banchieri riccorrano a punti di sutura e lacci emostatici, non accenna a frenare l’emorragia di prestiti divenuti sostanzialmente irrecuperabili, se non con l’intervento di una società specializzata. Il dato è il seguente: ad agosto si è aggiunto un altro miliardo e mezzo di sofferenze nette, per un fardello complessivo di  65,7 miliardi, il 20,7% in più rispetto all’agosto 2011. Negli ultimi dodici mesi le sofferenze sono cresciute in media di quasi 1 miliardo al mese (+11,3 miliardi). L’epidemia si completa con l’ulteriore peggioramento del rapporto sofferenze-impieghi al 3,41%, il  record dal dicembre 1999 (3,93%).
Insomma le banche, soprattutto in Borsa, vanno maneggiate con molta cura.
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