Le banche italiane hanno prestato a famiglie e imprese 117 miliardi che rischiano di non vedere mai più: a settembre nella discarica delle sofferenze sono entrati altri 1,8 miliardi rispetto ad agosto e 15,6 miliardi nei dodici mesi, per un incremento annuo del 15,3 per cento. È una crescita senza sosta quella fotografata ieri dall’Abi di Giuseppe Mussari e rappresenta il secondo campanello d’allarme in pochi giorni dopo la convocazione in Bankitalia dei primi cinque gruppi del Paese avvenuta lunedì: i crediti di difficile riscossione sono ormai il 5,9% degli impieghi (5,1% un anno fa), in pratica ogni 100 euro prestati agli italiani ce ne sono quasi 6 a rischio.

Anche considerando l’ondata di svalutazioni effettuate dagli istituti di credito per ripulire i bilanci, i prestiti «tossici» sono 67,2 miliardi, 1,5 in più rispetto ad agosto e quasi 12 in più rispetto a settembre 2011. Il rapporto sofferenze-impieghi si attesta al 3,46%, dal 3,41% di agosto (al 2,86% a settembre 2011). Una pessima notizia per l’industria del credito, già alle prese con margini compressi (a ottobre il differenziale tra i tassi attivi e passivi era al minimo storico), costi fuori controllo e decine di migliaia di potenziali esuberi tra filiali da sacrificare e uffici di back office poco efficienti.

Non stupisce quindi la grande circospezione con cui le banche concedono nuovi prestiti: ad ottobre gli impieghi sono scesi dello 0,84% a 1.933 miliardi (-0,9% a settembre); in particolare a ottobre gli impieghi al settore privato si sono ridotti dell’1,69% a 1.663,3 miliardi, di cui 1.477 a famiglie e imprese (-2,93%).

Wall & Street

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