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Jim Leaviss, esperto del settore obbligazionario di M&G Investments, ha «intervistato» Marcus Grubb del World Gold Council, l’organizzazione internazionale che rappresenta a livello globale l’industria aurifera (sia a livello minerario che commerciale). Dal dialogo sono emerse alcune interessanti considerazioni sull’inopportunità per i Paesi in difficoltà dell’area euro, come l’Italia, di usare le riserve auree (nel nostro caso quelle della Banca d’Italia) come strumento per emettere debito pubblico di elevata qualità (cioè con rating «tripla A»). Per due ragioni:

  1. le obbligazioni-oro rendono «spazzatura» gli altri titoli di Stato che non possono vantare una garanzia così preziosa
  2. l’emissione coprirebbe una bassa percentuale del nostro debito pubblico

Ecco, qui di seguito, quanto emerso dal dialogo tra i due esperti.

Italia, Francia e, in misura minore, Spagna possiedono consistenti riserve d’oro che potrebbero essere impiegate come collaterale nell’emissione di bond. Confrontando le riserve auree con l’indebitamento pubblico dei vari Paesi, si nota che la Germania ha l’equivalente al 12% del suo debito in riserve d’oro (tra l’altro, la Germania sta rimpatriando 674 tonnellate d’oro detenuto presso la Banque de France e la New York Federal Reserve per accontentare l’opinione pubblica). Nel caso della Spagna la percentuale non raggiunge il 2%, mentre per Francia e Italia si parla del 6-7%.

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Scatterebbe inoltre una subordinazione automatica sia dei titoli già emessi, sia delle successive emissioni non coperte dal minerale prezioso. Infatti, dal momento che il debito in essere è assistito dagli asset e dal gettito fiscale di uno Stato, eliminare le riserve auree da tali asset significa ridurre la solvibilità delle obbligazioni in circolazione, facendone salire i rendimenti. Quindi, per alcuni Paesi europei utilizzare le riserve auree come collaterale potrebbe persino comportare un declassamento da parte delle agenzie di rating. L’Italia, che attualmente è nella fascia BBB, rischierebbe di finire nella categoria junk bond se impegnasse troppi asset in un altro programma obbligazionario. Un effetto decisamente indesiderato.

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Ma quanti titoli garantiti dall’oro si potrebbero emettere? Per fungere da collaterale AAA, il valore dell’oro alla scadenza dell’obbligazione dovrebbe coprire l’importo del rimborso, con un grado di copertura in eccesso per far fronte ad una possibile volatilità delle quotazioni. Nel grafico riportato sopra  si osserva tuttavia che negli ultimi 10 anni il prezzo dell’oro ha oscillato fra i 400 e i 1.800 dollari/oncia. In base a tale banda di fluttuazione (o a uno ancora più ampio), le odierne riserve auree pari a 342 miliardi potrebbero garantire appena 76 miliardi di obbligazioni: troppo poco per fare la differenza? Se la volatilità dell’oro avesse un limite di confidenza inferiore si potrebbero emettere più titoli, ma i rendimenti sarebbero più elevati.

Nel Falò delle Vanità di Tom Wolfe (1987), Sherman McCoy cerca di acquistare obbligazioni francesi Giscard indicizzate all’oro per 600 milioni di dollari. Nel 1973 il governo francese emise obbligazioni Rente Giscard indicizzate all’oro per un valore di 4 milioni di franchi con scadenza 1988 e rimborso o alla pari oppure con 95,39 grammi d’oro per ogni 1.000 franchi qualora il legame tra franco e oro fosse venuto meno nel corso della vita dell’obbligazione, come in effetti accadde. Purtroppo per la Francia in quell’arco di tempo il prezzo dell’oro subì gli effetti di un’inflazione elevata, passando da circa 100 a oltre 400 dollari l’oncia a fine anni ‘80. Il debito francese salì così a 53 miliardi di franchi, vale a dire l’1% del PIL e il 5% della spesa pubblica. Secondo un quotidiano dell’epoca il costo fu di 100 sterline per ogni cittadino francese (bambini compresi) e un eventuale rimborso del debito col metallo prezioso sarebbe equivalso a sei mesi della produzione di oro globale.

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