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«Taglialo ancora, Mario!». Il tasso di interesse, ovviamente! Ieri la Banca centrale europea presieduta dal nostro connazionale ha deciso di dare una sforbiciata al tasso di rifinanziamento portandolo dallo 0,75 allo 0,5%. Lo scopo, ha spiegato, la Bce è quello di trasmettere meglio all’economia reale l’impulso derivante dalle immissioni di liquidità nel sistema da parte dell’Eurotower.

Insomma, l’invito alle banche europee è il seguente: «Prendete i soldi a prestito da noi a Francoforte e concedete finanziamenti a famiglie e imprese, allentate i cordoni della borsa!». Un segnale di ottimismo e di buona volontà, ma la condizione che ha permesso di decidere in questo senso è il calo delle pressioni inflazionistiche. Poiché l’aumento dei prezzi al consumo in Eurolandia è attualmente poco sopra l’1%, cioè al di sotto dell’obiettivo fissato dalla Bce (2%), si può immettere liquidità nel sistema, cioè si possono attuare politiche inflazionistiche. Senza far alzare più di tanto il sopracciglio alla Bundesbank che, comunque, ha votato contro la decisione.

Possiamo ben sorvolare sui dati relativi a disoccupazione e produzione industriale: tranne che in Germania, gli indicatori languono dappertutto, senza contare le macerie lasciate in Italia dal governo Monti. Ma usiamo le parole di Azad Zangana, capo economista per l’europa di Schroders. «L’impatto del taglio dei tassi non sarà significativo: le banche che erano in grado di accedere al mercato finanziario (cioè che sono in grado di emettere obbligazioni; ndr) stanno già scontando gli effetti positivi delle politiche “offertiste” della Bce,  quelle che invece si poggiano sui prestiti a lungo termine della Bce per finanziarsi pagheranno a Francoforte meno interessi, ma non per questo cominceranno a prestare soldi all’impazzata». Tanto più che la crisi ha fatto crescere i crediti in sofferenza e, dunque, prima di dare 1 euro a Milano, Roma, Parigi o Bruxelles, i banchieri ci pensano tre volte. In sostanza il sentiero del governo Letta per la ripresa rimane stretto.

Ecco perché, alla fine, ciò che al mercato è piaciuto di più è stato l’accenno di Mario Draghi a eventuali nuovi tagli dei tassi. In particolare il tasso sui depositi della Bce, fermo allo zero potrebbe essere portato in territorio negativo per convincere gli istituti a investire nelle rispettive economie, piuttosto che parcheggiare la liquidità a Francoforte. Ma anche ridurre ulteriormente il tasso sui finanziamenti sarebbe una mossa altrettanto gradita.

Il capo economista di UniCredit Marco Valli ha invece tratteggiato nuovi scenari. In primo luogo, Draghi ha detto che sono avviate le consultazioni con altre istituzioni europee (Banca europea per gli Investimenti in primis) per ampliare lo spettro dei titoli acquistabili dalla Bce che in futuro potrebbe orientarsi anche sulle asset backed securities (Abs), cioè le cartolarizzazioni di mutui residenziali e commerciali. Si tratterebbe di una grande spinta per il mercato europeo. In primo luogo, perché questi «pacchetti» di finanziamenti che gli investitori professionali si palleggiano troverebbero un porto sicuro. In secondo luogo, perché la possibilità che un prestito possa esser comprato dalla Bce abbasserebbe automaticamente il tasso applicato al cliente vista la ridotta rischiosità. Acquistare Abs non significa trasformarsi in un prestatore di ultima istanza, come il Parlamento italiano ha ufficialmente chiesto a Francoforte lo scorso giugno, ma ci va molto vicino. Non dimentichiamoci che bisogna «ringraziare» Mario Draghi se lo spread è calato: da quando la Bce ha dichiarato che avrebbe difeso l’euro, la speculazione ribassista sui titoli dei Paesi in difficoltà è più o meno terminata.

La seconda novità è decisamente più interessante dal punto di vista politico. «Per risanare i conti pubblici la ricetta migliore è tagliare la spesa corrente», ha detto Draghi. Chi lo ha conosciuto alla guida di Bankitalia non sente queste parole per la prima volta, ma da quando si è trasferito alla Bce ha sempre cercato di non irritare eccessivamente Francoforte. Ieri Draghi, però, ha espresso questa posizione in tutt’altra sede, rimarcando che l’austerity imposta da Frau Merkel sta devastando il potenziale di crescita delle economie di Eurolandia. E che quindi bisogna invertire la rotta senza perdere di vista il consolidamento dei bilanci pubblici. Il rischio che il nostro sistema finanziaro e industriale diventi una colonia delle imprese straniere è elevato. «Taglialo ancora, Mario!».

Wall & Street

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