Le notizie, in estate, cadono più facilmente nell’oblio. Ma quando l’autunno si riavvicina vale la pena di tirarle fuori dal dimenticatoio. È il caso della nomina di Pier Luigi Celli, il manager diventato da un mese e mezzo senior advisor della comunicazione  e corporate identity del gruppo Unipol. Qualcuno, del cambiamento, se n’è già accorto. Per tutti gli altri ci pensiamo noi.

Pier Luigi Celli, 71 anni, è un dirigente con una notevole esperienza. Soprattutto nel campo delle risorse umane, settore nel quale ha guidato un colosso come Eni negli anni ’80. Lasciato il Cane a sei zampe nel fatidico 1993, dopo un breve passaggio in Rai, passa alla Omnitel dell’Ingegner Carlo De Benedetti, sempre come capo delle HR. Nel 1996 assume lo stesso incarico in Enel, ma l’esperienza non dura a lungo perché la Rai «prodiana» nel 1998 lo chiama al vertice, cioè alla direzione generale. Sotto la sua guida proliferano «star» marcatamente antiberlusconiane come Michele Santoro, Daniele Luttazzi ed Enzo Biagi. A Celli va riconosciuto comunque il merito di aver riportato a Viale Mazzini il talento (sebbene politicamente marcato) di un creatore di tv come Carlo Freccero e l’ideazione dello spin-off delle torri di trasmissione per fare cassa e ridurre il debito della tv di Stato (per onor di verità, il progetto fu osteggiato dal centrodestra). Alla vigilia delle elezioni del 2001, Celli si dimise dall’incarico. Una scelta sapiente giacché di lì alle elezioni di aprile il presidente Roberto Zaccaria avrebbe scaricato contro Forza Italia e Silvio Berlusconi una potenza di fuoco che nemmeno l’«editto di Sofia» riuscì a riportare nell’alveo della normalità.

Da lì Celli cominciò la sua seconda vita, che è quella di cui vogliamo parlare. Nel 2002 fu chiamato dall’allora ad di UniCredit, Alessandro Profumo, a occuparsi della Corporate identity di Piazza Cordusio. Era appena partito il «progetto S3», cioè l’unificazione delle banche che avevano dato vita al nuovo aggregato in un’unica struttura, suddivisa in tre tronconi di competenza (banca commerciale, investment banking e altre attività). Unire le esperienze del Credit, di CariTorino, di CariVerona, di Rolo Banca e di Cassamarca non era facile.

Le fusioni societarie, infatti, sono caratterizzate dalla formazione di fazioni, costituite dal management delle singole unità fuse, che tendono a darsi battaglia e a ostacolare i processi decisionali. La storia finanziaria è ricca di casi del genere come la nascita di Montedison alla fine degli anni ’60 o IntesaBci dopo le nozze con la Comit. Celli è un esperto di questi processi tanto da essere un autore di numerose pubblicazioni in merito. La migliore è: «Comandare è fottere» (Mondadori, 2008, 106 pp.): un trattato su come fare carriera in azienda a dispetto dei soliti-figli-di-papà-raccomandati-ma-incapaci. Un testo machiavellico: il potere si autoalimenta con il suo esercizio e, quindi, tra il manager e il suo obiettivo gli ostacoli devono essere rimossi.

Un po’ quello che Celli ha contribuito a fare in UniCredit che, al termine del suo mandato (nel 2005 alla vigilia delle nozze con la tedesca Hvb), era ormai una banca «Profumo-centrica». Il successo si costruisce così e, sicuramente, Celli saprà ripetere l’esperienza anche nella Unipol di Carlo Cimbri, della quale ha seduto nel board fino all’aprile scorso. Mettere assieme Unipol, FonSai e quel che resterà della Milano non sarà organizzativamente semplice. Ma già da oggi si può dire chi sarà il dominus: l’amministratore delegato.

P.S.: Per coloro che sono curiosi di sapere cosa abbia fatto Celli in questi 8 anni la risposta è presto detta: ha fatto il direttore generale della Luiss, l’università della Confindustria. Chiamato da Luca di Montezemolo, ha contribuito a rendere ancor più internazionale l’ateneo che si prefigge di essere la «Bocconi del Sud». Dall’anno scorso è inoltre presidente dell’Enit, l’ente che si occupa di promuovere l’immagine turistica dell’Italia.

P.P.S.: Questo post è un’ottima occasione per replicare a uno scambio estivo di battute sui social network con Carlotta Scozzari (Twitter: @scarlots) , validissima collega e blogger in passato collaboratrice del Giornale. Riteniamo (e qui lo confermiamo) che l’operazione strutturata da Unipol attraverso Mediobanca (Reverse Accelerated Bookbuilding) sulle azioni di risparmio della Milano, acquistate a inizio agosto per un modesto premio con una spesa di soli 22,9 milioni di euro allo scopo di «blindare» l’assemblea e agevolare la fusione a quattro, sia stata una buona idea. È vero: in un mondo ideale si lanciano le Opa per convincere con i soldi coloro che non credo nelle fusioni. In Italia si acquistano i pacchetti di maggioranza, si spera che il progetto vada a buon fine e che possano guadagnarci tutti.

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