Festa della Donna

Oggi è la festa della donna e potremmo celebrarla con il solito mix di buonismo e di discriminazione positiva del gentil sesso. Poiché siamo intimamente convinti che le donne rappresentino il vero pilastro della società, non solo per la loro capacità propositiva ma soprattutto per il ruolo preminente che la natura ha assegnato loro, vogliamo parlare di parità di genere, che è la perifrasi con cui il veterofemminismo ha reinventato le politiche di tutela della femminilità nel mondo contemporaneo. In ambito finanziario, sia Wall che Street sono abituati a convivere da due anni con il mondo delle quote rosa, ossia il dispositivo che obbliga le società quotate ad avere almeno il 20% di consiglieri donna nei singoli board. Un bene? Un male? Di sicuro è positivo che sia aumentata la presenza femminile. È altrettanto sicuro che in questo modo non sia stato completamente premiato il merito, ancorché nei cda siano presenti validissime professioniste che però sono state «spinte» verso un posto di responsabilità da una norma e non dal loro curriculum. Non è un caso che le donne (e non facciamo i nomi per galanteria) nei cda abbiano costituito una sorta di «cricca» né più né meno come gli uomini che tanto spesso vengono criticati per questa forma di attaccamento al potere nella sua espressione sotto forma di poltrone.

Le donne vanno difese, protette e tutelate aiutandole ad esprimere il loro potenziale creativo e intellettivo ove questo venga svilito da incrostazioni «maschiliste», non certo catapultandole in qualche posto solo per mettere a tacere l’opinione pubblica. Non è un caso che in una ricerca condotta su scala globale da Hays, società leader nel recruitment specializzato, solo il 9% del campione ritiene che l’introduzione delle «quote rosa» rappresenti un grosso passo avanti per favorire l’uguaglianza di genere al lavoro, mentre la maggioranza sostiene che il rispetto della diversità sia frutto di cambiamenti culturali e misure pratiche.

Il sondaggio internazionale «Leading Women Survey» mette in evidenza, tuttavia, un’altra problematica: le donne continuano, a torto o a ragione, a sentirsi discriminate. Quasi una donna su due (48%) non sente di avere le stesse opportunità di carriera offerte ai colleghi maschi mentre solo un uomo su cinque (21%) riconosce questa disparità.

 

Quote Rosa 02Come mostra la serie di grafici qui a fianco il problema in Italia è un po’ meno allarmante rispetto al resto del mondo. Il 52% degli intervistati italiani, infatti, ritiene che le politiche per favorire la parità di genere abbiano sortito un effetto positivo, mentre il 48% crede che le donne siano ancora discriminate dal punto di vista principale che interessa ogni singola professionalità, cioè la retribuzione.  Le stesse percentuali si riscontrano se si domanda agli intervistati se uomini e donne abbiano le stesse possibilità di carriera. Promosse, sostanzialmente, tutte le politiche volte a favorire la partecipazione delle donne al mondo del lavoro.

 

Alistair Cox«L’indagine mostra una notevole discrepanza di opinione tra uomini e donne per quanto riguarda le questioni relative a stipendio e pari opportunità», ha commentato Alistair Cox, Ceo di Hays. «È, infatti, emerso – aggiunge – che sono soprattutto le donne a evidenziare differenze salariali rispetto ai colleghi maschi e sempre le donne (quasi il doppio rispetto agli uomini intervistati) sentono di non avere le stesse opportunità di carriera. Questo disaccordo mostra come le figure ai vertici aziendali, la maggior parte delle quali di sesso maschile, non percepiscano alcuna diversità di stipendio e di opportunità tra uomini e donne rendendo, di fatto, più difficile l’uguaglianza di genere nel mondo del lavoro». Il problema, conclude, potrebbe essere rappresentato da una scarsa consapevolezza del problema della diversità di genere come vero ostacolo al cambiamento.

 

neonatoÈ inutile essere ipocriti: se nel mondo occidentale vi è ancora una disparità di retribuzione e di possibilità di carriera fra uomo e donna, questa è legata alla manifesta intenzione delle aziende di scaricare sul gentil sesso il premio di rischio dell’essere donna. Dalla Svezia fino alla Sicilia, da New York a Melbourne a San Paolo del Brasile il direttore del personale che assume una donna sa che questa potrebbe sposarsi o comunque avere dei figli e che, dunque, la scala delle priorità della neoassunta è destinata a mutare in futuro. E anche per dei liberali come noi che vorrebbero tenere lo Stato lontano da tutto, questo è un problema politico. Secondo il sondaggio di Hays, il 44% degli intervistati ritiene che il problema sia risolvibile con una maggiore flessibilità delle pratiche aziendali. Seguono l’introduzione di nuove politiche aziendali finalizzate al rispetto del genere (32%) e le riforme costituzionali da parte dei Governi (27%). Sono tutte proposte che hanno un costo economico e sociale e che impongono ai governi di riflettere su quali siano le vere priorità della spesa pubblica: il sostegno alla famiglia e alle donne che lavorano.

Wall & Street

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