Luciano Ligabue

Sabato Luciano Ligabue festeggerà i 25 anni di carriera al Campovolo della sua Reggio Emilia cantando i suoi successi assieme alle band che lo hanno accompagnato nel suo illustre percorso artistico. Il Liga è uno che ce l’ha fatta, ma soprattutto è uno che ha realizzato i suoi «Sogni di rock & roll» riuscendo a ottenere successo nella professione che desiderava svolgere da ragazzo: il cantautore. E se non ce l’avesse fatta? Se fosse rimasto a cercare di sbarcare il lunario a Correggio? Certo, la vita è fatta di sliding doors, di opportunità che si chiudono per aprirne altre impreviste. Ma è nei momenti di difficoltà che lo spettro del fallimento rischia di lasciare ognuno di noi senza stimoli. Ora senza scadere nel marzullismo («La vita è sogno? O i sogni aiutano a vivere meglio?») o nel Frassica di Quelli della notte («Non è bello ciò che è bello, ma che bello, che bello, che bello…»), cerchiamo di capire anche come accettare senza deprimersi la prospettiva che non corrisponde ai nostri desideri, alle nostre ambizioni. Insomma, il Liga avrebbe potuto anche trascorrere «Una vita da mediano» (come Lele Oriali) ed essere ugualmente contento. Alessandro Curioni e Elio Meloni, ideatori del framework formativo Happy Working, ci spiegano che «Certe notti» si può anche evitare di piangere sul latte versato.

 

CurioniMeloni 2«Si dice che per essere felici sul lavoro ci deve piacere la nostra attività, ma forse la strada del lavoro “fatto per noi” e la più impervia per raggiungere la vera soddisfazione. Uno dei luoghi più comuni è sintetizzato nella frase: “Per essere contento devi scegliere un lavoro che ti piace”. Non vogliamo dire che sia sbagliato, ma certo non è del tutto corretto, raggiungere la soddisfazione attraverso il lavoro dei nostri sogni è forse la strada più difficile in assoluto. Possiamo immaginare che dopo un’affermazione di questo tenore in molti abbiano già storto il naso. “Se non ci riesco con la professione che non mi piace figuriamoci con un’altra”, potrebbe essere il primo pensiero».

 

«Immaginiamo di fare il lavoro che abbiamo sempre desiderato e vediamo cosa potrebbe succedere. Sicuramente lo affrontiamo con grande entusiasmo e siamo certi che quanto faremo sarà apprezzato, anche perché conosciamo bene la materia. Peccato che dopo il primo confronto con il nostro capo riceviamo una sonora stroncatura. Passa il tempo, magari appena un anno, e la nostra carriera come il nostro stipendio languono. Nel frattempo scopriamo che alcuni, forse molti, dei nostri colleghi non nutrono la stessa passione per questo lavoro e lo fanno con sufficienza, così iniziamo a domandarci se in azienda siamo gli unici a “tenerci veramente” e quindi se vale la pena continuare a dare il 110 per cento. Ecco che lentamente il sogno diventa incubo».

 

«Cosa è successo? Molto probabilmente le nostre aspettative ci hanno messo in crisi. Troppe e forse troppo alte si sono trasformate in un boomerang e l’impossibilità di vederle soddisfatte ci rende la vita impossibile. Forse, diciamo forse, se non fosse stato il mestiere dei nostri sogni, le cose sarebbero andate in modo diverso. Magari quella stroncatura non ci avrebbe particolarmente depresso, probabilmente saremmo stati più comprensivi con quei colleghi meno entusiasti, carriera e stipendio non dovevano prendere “il volo” immediatamente. Dove si trova la verità? Premesso che questa chimera è notoriamente senza fissa dimora, dovremmo provare a cambiare prospettiva passando dal “cosa” al “come”. In effetti sappiamo che un certo grado di felicità risiede non tanto nel tipo di attività che svolgiamo, ma dalle modalità e soprattutto dai risultati. Un lavoro fatto bene, non importa quale, ci procurerà un certo livello di gioia già dal punto di vista fisiologico (l’organismo rilascia endorfine a fronte di soddisfazioni)».

 

«Inoltre se facciamo un lavoro che non è esattamente quello dei nostri sogni, molto probabilmente le nostre aspettative si ridurranno leggermente, quindi potranno più facilmente essere soddisfatte. Certo per fare bene qualcosa, una qualsiasi, ci vuole attenzione e impegno, ma come dice il saggio Tich Nath Han “Non esiste una via per la felicità. La felicità è la via”. In fondo si tratta di avere un approccio pragmatico alle cose: meglio un uovo oggi o la gallina domani. A voi l’ardua sentenza, noi una risposta l’abbiamo trovata».

Wall & Street

 

P.S. Probabilmente il Liga avrebbe vissuto una tranquilla esistenza anche se non fosse diventato una star e si fosse accontentato di proporre le sue canzoni nei locali emiliani (intervallandola con qualche cover degli U2, di Elvis e di Neil Young). Ciò che gli ha permesso di spiccare il salto è stata soprattutto la scelta di non arrendersi inviando i suoi demo a destra e a manca. E soprattutto la lungimiranza di chi ne intravide il talento come il produttore Angelo Carrara e come Pierangelo Bertoli (che fu il primo a cantare le sue canzoni). Così come non si può negare che un pezzo del suo successo sia dovuto alla maestria di strumentisti come Paolo Panigada (per il grande pubblico Feyez di Elio e Le Storie Tese). Sabato lo ascolteranno dal cielo…

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