Il Giornale ha sempre messo in evidenza come il salvataggio di BancaEtruria avesse un risvolto politico visto che l’istituto aretino prima del commissariamento annoverava come vicepresidente il padre del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Ieri il Consiglio dei ministri ha varato un decreto legge che consente al nuovo Fondo di Risoluzione delle crisi (veicolo che sarà partecipato dal complesso del sistema bancario italiano) di evitare il fallimento della Popolare dell’Etruria e di altri tre istituti commissariati da tempo (Banca Marche, CariFerrara e CariChieti). C’è molto più di uno #shabadabada, l’hashtag che viene usato per evidenziare le foto del bel ministro e che ricorda le colonne sonore dei film romantici degli anni ’70 nei quali non rare erano le sequenze in slow motion dove l’avvenente protagonista correva su una spiaggia facendo ondeggiare i lunghi capelli. Infatti, la questione finanziaria va ben oltre un potenziale conflitto di interessi (al di là dell’assenza di Boschi dalla riunione di ieri, la Toscana è comunque la Regione del premier Matteo Renzi nonché suo bacino elettorale). È molto probabile, infatti, che alla domanda «Se non fosse stata coinvolta BancaEtruria, si sarebbe proceduto ugualmente al salvataggio?»  non si possa che dare una risposta affermativa.

La nuova normativa europea sul bail-in, che scatta dal primo gennaio e in caso di crisi coinvolge assieme agli azionisti e ai detentori di bond subordinati anche gli obbligazionisti senior e i correntisti sopra i 100mila euro, è vista come il fumo negli occhi dalle banche italiane e dal presidente della loro associazione (Abi), Antonio Patuelli. Da tempo il sistema si era dato da fare per scongiurare l’arrivo del nuovo anno e cercare una qualche soluzione «fatta in casa» per i quattro istituti. Peccato che la Commissione Europea abbia bocciato tutte le proposte prima di quest’ultima e che l’Italia si sia presentata a Bruxelles e a Francoforte (sede della Bce) senza sbattere i pugni sul tavolo. La flessibilità concessa dall’Ue ai nostri conti pubblici non ci mette in condizione di alzare troppo la voce. La Banca d’Italia, inoltre, si è subito schierata per un’interpretazione rigorosa delle nuove regole. Regole troppo rischiose per le banche italiane: chi metterebbe più di 100mila euro su un conto se il risparmio non è tutelato?

Intesa Sanpaolo, UniCredit, Ubi e la stessa Abi hanno sostenuto e invocato l’intervento del governo per evitare che una crisi di fiducia si ripercuotesse su un sistema già messo a dura prova da 200 miliardi di prestiti in sofferenza. Va detto, però, che BancaEtruria, Banca Marche, Carife e CariChieti non erano in crisi per volontà dello Spirito Santo, ma per scelte sbagliate di politica dei crediti, per una gestione caratterizzata da un’eccessiva vicinanza tra il board e gli stakeholder/shareholder (in tre casi su quattro rappresentati da Fondazioni, l’Etruria era una popolare). Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan hanno così preso una decisione politica che non rimuove alla radice le cause del dissesto. Una decisione che non vorremmo facesse passare il principio tutto italiano che «chi sbaglia non paga (quasi) mai».

carlo messinaLa strategia per il salvataggio dei quattro istituti è comunque sopraffina. In buona sostanza, si procede allo scorporo delle attività in bonis dei quattro istituti creando altrettante «banche buone» o «banche ponte» o «bridge bank», mentre le sofferenze saranno concentrate in un’unica bad bank. Il nuovo Fondo di Risoluzione, previsto dalle norme europee e italiane ed amministrato dall’Unità di Risoluzione della Banca d’Italia, provvederà alla ricapitalizzazione delle quattro bridge bank per 1,8 miliardi (recuperabili in seguito alla prevista cessione) e alla copertura delle perdite pregresse per 1,7 miliardi, mentre altri 140 milioni serviranno a dotare la bad bank del capitale minimo per funzionare. La liquidità necessaria al Fondo di Risoluzione per iniziare immediatamente a operare è stata anticipata da Intesa Sanpaolo (guidata da Carlo Messina), Unicredit e Ubi Banca, a tassi di mercato e con scadenza massima di 18 mesi.

BancaEtruriaChi vince e chi perde dunque? Vincono i depositanti delle quattro banche e i loro dipendenti che da oggi lavorano in un’entità nuova che garantisce il loro posto di lavoro. E vince, tutto sommato, il sistema bancario italiano nel suo complesso non solo per aver evitato impatti negativi sull’affidabilità, ma anche perché l’investimento genererà meno perdite di quanto si possa prevedere. Gli 1,8 miliardi per le 4 bridge bank si recupereranno con la cessione di ciascun complesso, mentre gli 1,7 miliardi a copertura delle perdite saranno in parte ammortizzati dall’estensione alle nuove realtà dello sgravio Ires (che vale circa un miliardo) già in vigore per tutti i normali gruppi bancari. Insomma, non c’è un aiuto di Stato ma un aiutino fiscale sì. Vince il premier Matteo Renzi, vince Maria Elena Boschi, vince Pier Carlo Padoan che potranno dire di essere intervenuti per sanare una situazione di crisi che avrebbe potuto avere ripercussioni negative in questo difficile momento storico. Perde chi pensa, da liberale, che spendere soldi per evitare un fallimento non sia mai una buona idea.

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