Bruxelles: media, l'Isis rivendica gli attacchi

 

Una delle prime reazioni dopo gli attacchi di Parigi e di Bruxelles è stata l’invocazione di una maggiore spesa pubblica nei settori sicurezza e difesa, spesso esposti a tagli da parte dei governi europei perché si tratta di costi facili da aggredire (l’ottusità di chi invoca la pace a tutti i costi ha semplificato il lavoro dei governanti). Ma davvero impiegare le nostre tasse per aumentare la nostra percezione di un ambiente sicuro e meno esposto alle insidie del terrorismo islamico può risolvere la questione quando l’Isis ha messo anche Internet tra i suoi obiettivi? La risposta è no e lo spiega bene Edward Marsh, direttore Aerospazio Sicurezza & Difesa della società di consulenza americana Frost & Sullivan.

«È importante sottolineare – afferma Marsh – che i governi stanno investendo per rafforzare la sicurezza. Il Belgio stesso ha impegnato ulteriori 450 milioni di euro per contrastare l’estremismo e la radicalizzazione. Il primo ministro Michel aveva già valutato come il personale della polizia sia attualmente in numero insufficiente e sappiamo che ci sono circa 300mila telecamere di sorveglianza in tutto il Paese». Insomma, l’apparente inefficienza belga non è determinata da una riduzione delle risorse al contrasto del terrorismo.

«La spesa per la sicurezza è stata rivista i tutti gli altri paesi dell’Ue. Nel Regno Unito, ad esempio, è stato incrementato del 15% del personale per i servizi di sicurezza, si sono stanziati ulteriori 2,41 miliardi di euro per l’equipaggiamento delle Forze Speciali ed evitando i tagli sulle forze di Polizia di prima linea». Idem per la Francia che ha aumentato di circa 2mila unità il personale dell’Intelligence. Altrettanto è stato fatto per la Polizia, la Gendarmeria e la sicurezza di frontiera.

bruxelles 05Insomma, anche se l’effetto di queste politiche è sicuramente un miglioramento del sentiment nell’opinione pubblica, tuttavia, ci deve essere un equilibrio nella spesa che «deve anche continuare ad essere investita in tecnologia», conclude Marsh ricordando che «l’attacco all’aeroporto di Zaventem è accaduto in aree comuni il cui accesso non è limitato nella maggior parte dei Paesi europei». Infine, «i governi devono fare tutto il possibile per far sì che dati ed informazioni si muovano efficacemente ed efficientemente attraverso le agenzie». In ultima analisi, l’efficacia delle politiche antiterrorismo sarò maggiore solo se le informazioni raccolte verranno condivise e le attività di intelligence saranno coordinate.

Un’ulteriore conferma, seppure su scala italiana, proviene proprio da un’analisi del Centro Studi ImpresaLavoro elaborata a partire dai dati dell’Istat e dell’Agenzia per la Coesione Territoriale. Il capitolo sicurezza è stato esaminato non solo sula base della spesa pro capite su base regionale, ma confrontandolo anche con gli indicatori  di Benessere Equo e Sostenibile (BES). L’indicatore composito prende in considerazione dati oggettivi come il tasso di omicidi o di furti nelle abitazioni e li incrocia con le informazioni sulla percezione di sicurezza/insicurezza della popolazione. Entrambi i fattori sono influenzati nel medio-lungo periodo dalla capacità d’intervento dello Stato, per quanto i fattori culturali possano incidere in maniera sostanziale sul senso di sicurezza che una comunità può garantire ai suoi membri.

 

BES3A una prima disamina dei dati del 2013 si evidenzia che le Regioni con una spesa maggiore per la sicurezza presentano un valore composito più elevato in termini di qualità della vita. Ai primi posti della classifica compaiono Valle d’Aosta (360 euro di spesa pro-capite), Molise (371 euro), Sardegna (305 euro) e Provincia di Trento (281 euro). Se l’insicurezza percepita in Lombardia (181 euro) e in Emilia Romagna (201 euro) può spiegarsi anche con i minori investimenti effettuati su questo capitolo, il discorso è diverso per la Puglia (263 euro, non troppo distanti dai 281 euro di Trento e superiori alla spesa media della Basilicata che è tra le Regioni più sicure) e soprattutto per il Lazio, che si attesta al penultimo posto nonostante i residenti sostengano il costo più elevato in termini di sicurezza (540 euro di spesa pro-capite) a causa della presenza a Roma delle Istituzioni più importanti.

 

Non si tratta pertanto di una questione economica quanto demografica,conclude il Centro Studi. Molte delle Regioni che ottengono scarsi risultati nell’indice composito non sono necessariamente le più ricche del Paese, ma sono quasi esclusivamente quelle a più alta densità abitativa (al Nord inoltre si concentra l’83% degli immigrati regolari). Un discorso che ci riporta alle osservazioni iniziali: serve spesa di qualità, soprattutto nell’intelligence.

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