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Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio e-commerce B2C, promosso dal Politecnico di Milano e da Netcomm, nel 2015 le vendite online del comparto moda sono cresciute del 19% rispetto all’anno precedente, per un volume di affari di 1.512 milioni di euro, pari al 9% degli scambi in Italia via web. Restringere l’analisi entro i confini nazionali, tuttavia, sarebbe anacronistico: l’e-commerce ha, per definizione, una dimensione sovranazionale, rappresentando il trampolino di lancio verso l’estero per migliaia di aziende, dalle piccole realtà artigianali alle boutique virtuali, dalle griffe della moda ai grandi operatori multicanale.

I primi dati dell’anno e le previsioni dei volumi di affari a livello mondiale sono eloquenti: i budget del 2016 crescono essenzialmente (solo) grazie all’e-commerce e, nel 2025, il mercato digitale coprirà da solo circa il 18 per cento di tutte le vendite globali del lusso. Le opportunità di business quindi sono straordinarie. La sfida digitale, però, è molto meno banale di quanto si potrebbe supporre. I temi legali e fiscali da considerare, ad esempio, sono numerosi, complessi ed esigono un approccio internazionale e, soprattutto, multidisciplinare.

Peroni Paolo«Quando si imposta una piattaforma di commercio elettronico, fondamentale è la configurazione del set contrattuale del sito, sia in Italia che all’estero», spiega Paolo Peroni, partner dello Studio Rödl & Partner, aggiungendo che «occorre predisporre condizioni generali di utilizzo e di vendita dei beni conformi alle legislazioni dei mercati di destinazione, tenuto conto, nel B2C, delle norme a tutela dei consumatori vigenti nei diversi Paesi». Di non minore rilevanza sono le disposizioni in tema di concorrenza, privacy, cookie e responsabilità del produttore da valutare. Altrettanto incidenti sono i profili tributari. L’e-commerce internazionale verso continenti come l’America o l’Asia, ad esempio, presuppone la conoscenza del trattamento doganale e fiscale di Paesi Extra UE anche molto lontani.

Di cruciale importanza, poi, sono i rapporti contrattuali con gli operatori logistici e i player della filiera distributiva ove, rimarca Peroni, «è prioritario allocare correttamente le responsabilità, assicurare la soddisfazione del cliente e proteggere l’immagine e reputazione del brand, dal momento dell’acquisto a quello – non meno importante – della consegna». È inoltre necessario analizzare il mercato estero di destinazione per intercettare diritti di marchio o altre registrazioni potenzialmente confliggenti con i diritti veicolati dalla piattaforma e-commerce, fermo restando che, nel mondo della moda e del design, gli strumenti giuridici a protezione del brand e presidio dei diritti di proprietà intellettuale sono imprescindibili ovunque si decida di operare.

«Le aziende, quando varcano i confini nazionali attraverso il web, devono proteggere i propri valori ma anche salvaguardare la qualità percepita e le aspettative dei propri clienti. Il successo dell’e-commerce – nella moda come in altri settori – si fonda in primo luogo sulla capacità di consolidare la fiducia dei consumatori», conclude.

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