Le Pen 01

Le cronache quotidiane ci fanno prendere confidenza con un termine politologico anglosassone: «figurehead», che letteralmente indica la polena delle navi, ma metaforicamente è utilizzato per descrivere le leadership caratterizzate da una grande forza tanto decisionale quanto di immagine. L’ultimo personaggio in ordine di tempo a potersi aggregare alle figurehead che caratterizzano la scena politica globale è Marine Le Pen che ieri sera ha destato una buona impressione durante il dibattito con Emmanuel Macron, sfidante centrista accreditato della vittoria. Come ha spiegato bene Andrea Goldstein, managing director di Nomisma, la diagnosi di Le Pen «è che solo un ritorno del patriottismo permette di offrire protezione, sia economica sia contro il terrorismo» in quanto «di fronte a questo scetticismo, particolarmente radicato nelle zone del Paese maggiormente esposte alla concorrenza internazionale, cinese in primis, i discorsi delle élite sono sempre più percepiti come astratti e in malafede». Ecco, le figurehead sono politici vicini al popolo e sgraditi alle élite.

«Nel mio ultimo viaggio a New York per la sottoscrizione di alcuni contratti commerciali tra aziende italiane ed americane – racconta Fabio Accinelli, esperto di diritto dei mercati internazionali – è emerso in maniera lampante come a livello imprenditoriale sia stato esaudito il desiderio di essere guidati ed amministrati da un rappresentante di un governo forte che si erga a vera e propria guida economica e commerciale del Paese». Il mondo degli imprenditori negli Usa è felice che ora ci sia qualcuno che decida cosa sia giusto fare nell’interesse del bene comune del Paese tramite direttive, finalmente, precise e pragmatiche.

Trump 03 (LaPresse)Nel dettaglio, spiega Accinelli, «Donald Trump ha mostrato il bisogno popolare di una figura meno politica senza alcun legame con i precedenti sistemi di potere, che parli chiaramente e senza mezze misure, soprattutto in campo economico». Non è un caso che il primo leader straniero a mettere piede alla Casa Bianca dopo l’insediamento di Trump sia stata Theresa May. Un incontro pieno di patriottismo nel quale il presidente Usa ha dato il suo pieno appoggio alla Brexit, evidenziando interessi ed intese da porre in essere sul piano economico, commerciale e finanziario.

Theresa May 01 (LaPresse)Peraltro la May ha dimostrato il proprio carattere forte e deciso con il ricorso alle elezioni anticipate per l’8 giugno, mostrando di volersi sbarazzare dell’opposizione che l’ha ostacolata in tutti i modi nell’attuazione della Brexit. «La divisione politica a Westminster indebolisce il possibile successo dell’uscita dall’Ue e soprattutto consentendo a Bruxelles di insistere nella richiesta a Londra di coprire con almeno 100 miliardi il budget comunitario», aggiunge Accinelli. May, senza mezzi termini, ha pubblicamente dichiarato guerra ai laburisti, liberaldemocratici ed indipendentisti scozzesi che si sono da sempre schierati contro di lei, promettendo un futuro sicuro per l’economia, la finanza e del popolo tutto della Gran Bretagna.

Vladimir Putin 01 (LaPresse)Il consenso popolare arride sicuramente a Vladimir Putin. Che, secondo Accinelli, ha convinto la propria base su due punti. Il primo: tutto il mondo è contro la Russia ed i primi responsabili di tale stato di fatto sono gli americani con i loro alleati. Il secondo: è giusto e doveroso che la Russia tenti, in tutte le maniere democratiche, il recupero dei Paesi che una volta formavano il blocco dell’Urss, permettendo così alla Russia stessa, di tornare ad essere una stella mondiale di prima grandezza.

Erdogan 01Altro personaggio forte nel panorama economico mondiale di oggi, e divenuto tale grazie al voto popolare, è il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ha vinto un referendum che ne aumenta i poteri a disposizione. Vi sono forti sospetti di brogli sulla consultazione referendaria e l’Osce ha accertato che, durante la campagna elettorale, il «Sì» è stato favorito anche tramite pressioni pubbliche sui media, attuate con consistenti uscite di denaro statale usato appositamente per finanziare la campagna presidenziale. Ad applaudirlo pubblicamente, con congratulazioni su ogni organo di stampa, ricorda Accinelli, sono stati proprio Trump e Putin. Ne consegue che è proprio l’Unione europea come istituzione a mancare di una figurehead e a proporsi in questo momento storico come il ricettacolo delle èlite globaliste (ma anche un po’ sinistrorse) che cercano con tutti i mezzi il mantenimento dello status quo.

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