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Nelle ultime settimane i segretari di Cgil, Cisl e UIl (rispettivamente Susanna Camusso, Anna Maria Furlan e Carmelo Barbagallo) hanno intensificato il pressing per ottenere uno stop all’adeguamento dell’età pensionabile che, in base alla normativa vigente visto l’allungamento dell’aspettativa di vita media degli italiani, dovrebbe salire da 66 anni e 7 mesi a 67 anni dal primo gennaio 2019. L’incontro di ieri a Palazzo Chigi con il governo è stato poco fruttuoso: più che concedere un’estensione dell’Ape social a una decina di categorie di lavori usuranti (tra cui maestre dasilo, camionisti e infermieri) il governo non può fare perché gli andamenti della spesa pensionistica sonoinclusi nel quadro macroeconomico tendenziale che fa parte integrante della legge di Bilancio e proprio dalle audizioni in Senato delle categorie è venuta una ferma opposizione alle richieste sindacali. Il rischio di devastare i conti pubblici deve essere ridotto anche a costo di far lavorare qualche anno in più chi vorrebbe lasciare il proprio posto.

«CLuigi Federico Signorini 01‘è la necessità di mantenere, preservare, difendere l’equilibrio del sistema pensionistico. È sicuramente una priorità assoluta, questo non significa non fare aggiustamenti su singoli casi meritevoli», ha sottolineato il vice direttore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, aggiungendo che «è importante non tornare indietro perché la riforma pensionistica è una questione chiave che contribuisce nel lungo periodo a mettere le finanze pubbliche italiane in una luce migliore di quella che si potrebbe avere guardando alla sola dimensione del debito». Insomma, ha concluso Signorini, «è importante preservare la stabilità e la sostenibilità complessiva del sistema».

Panucci 01Le medesime parole sono state utilizzate dal direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, secondo cui «è apprezzabile che il governo sia riuscito finora a respingere le richieste in materia di età pensionabile, che avrebbero un impatto significativo sul deficit pubblico».

 

 

Giuseppe Pisauro 01Il perché non sia possibile concedere maggiore flessibilità ai pensionamenti derogando alla riforme di Tremonti e Fornero lo ha spiegato il presidente dell’Ufficio parlamentare del bilancio (l’Authority sui conti pubblici che valuta inbase alle linee guida dei Trattati Ue), Giuseppe Pisauro, sostenendo che «anche alla luce del recente scambio di lettere tra la Commissione Ue e il ministero dell’Economia riguardo al Documento programmatico di Bilancio (Dpb) 2018, il rispetto delle regole presenta rilevanti fattori d’incertezza». La manovra delineata nel Dpb, ha aggiunto, «evidenzia per il 2017 un forte rischio  di deviazione significativa per quanto riguarda sia il sentiero di aggiustamento del saldo strutturale (in termini annuali e biennali), sia il rispetto della regola sulla spesa, a causa del maggior tasso di crescita della spesa totale indicato dal Dpb rispetto al Def (1,6 contro l’1,2 per cento)».

Tito Boeri 01 (LaPresse)Quello che Pisauro ha sottolineato, Trattati alla mano, è che l’Italia ha già troppe spese programmate (e troppe entrate incerte visto che una parte consistente si fonda sul contrasto all’evasione che per sua natura è imprevedibile) per potersi permettere di aumentare il costo sostenuto per le pensioni senza preventivamente garantirgli una copertura adeguata. L’Inps nel 2016 ha speso 307 miliardi per pensioni di vario genere a fronte di entrate contributive pari a 215 miliardi, con un disavanzo di 92 miliardi di euro. Se, invece, guardiamo i dati Istat relativi al compleso degli enti previdenziali nel 2015, si osserva che le entrate contributive per il capitolo previdenza sono ammontate a 230,6 miliardi, mentre le uscite per pensioni di invalidità, vecchiaia e superstiti si sono attestate a 252,9 miliardi circa.  Lo sbilancio è di 22,3 miliardi: quel «buco» dell’Inps che abbiamo visto sopra si crea non solo perché ci sono assistiti che continuano a usufruire di trattamenti pur non avendo un montante contributivo sufficiente, ma anche perché l’ente pubblico si occupa di assistenza (cassa integrazione inclusa) e non solo di previdenza. Ora non bisogna prendersela n con ilpresidente Tito Boeri né con il governo, ma iniziare a ragionare su un sistema a capitalizzazione con conti pensionistici individuali (come prevede il sistema contributivo) per consentire a ogni lavoratore di essere libero di decidere quando smettere di lavorare.

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