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Pubblichiamo la testimonianza di Davide Possi, imprenditore e fondatore di Piramis, la prima agenzia di servizi alle tlc in Italia. Nelle sue parole traspare la tenacia di chi non si vuole arrendere all’inarrestabile declino del Paese.

Possi 05«Nonostante la crisi, spesso si fa fatica a trovare personale.  Occorre precisare che questo è vero, però, a seconda del settore. L’azienda di cui sono socio fondatore, Piramis, si muove ad esempio su due diversi livelli imprenditoriali, negozi e rete commerciale: quindi risulta difficile generalizzare sui problemi legati a ricerca e reclutamento del personale. Una prima considerazione è di ordine sociale e coinvolge tutti. Le persone cercano la sicurezza finanziaria di uno stipendio sicuro e “temono” il vocabolo “provvigioni”. Allo stesso tempo desiderano avere tempo libero.
Oggi la società vive all’ombra di una crisi che è in realtà quel cambiamento epocale che tocchiamo tutti i giorni. In soli 10 anni siamo passati dai telefonini agli smartphone, le case si sono informatizzate, le città stanno diventando smart e le aziende si stanno digitalizzando. Le persone lo capiscono ma non accettano che il mondo del lavoro sia mutato alla stessa velocità. È questo il punto secondo chi scrive. Ed è per questo che oggi è difficile parlare di “problemi di occupazione”, e lo sarà sempre di più fino a che un messaggio del genere non sarà recepito a tutti i livelli: le persone, insomma, vogliono UN lavoro (in generale) ma in realtà chiedono IL lavoro (che desiderano), e quasi sempre le due cose sono inconciliabili.

In base alla mia esperienza personale, le difficoltà principali che i miei manager ed io incontriamo sono legate alle abitudini sociali e coinvolgono entrambe le figure professionali: store manager e commerciali ai vari livelli. Nei negozi lavorano prevalentemente giovani che difficilmente rinunciano ad avere il weekend libero mentre i commerciali spesso non hanno la costanza necessaria a trovare la propria dimensione professionale.

Se poi ci si chiede perché molti non rispondano agli annunci di lavoro, compresi i miei, nonostante la disoccupazione in generale, e giovanile in particolare, occorre distinguere. Esistono esigenze ed abitudini sociali differenti in relazione alle aree geografiche. Al Sud la disoccupazione ed il lavoro sommerso si sovrappongono generando le difficoltà che tutti conosciamo. Non credo, insomma, che i dati della disoccupazione al Sud siano solo quelli ufficiali, i quali pescano nel mondo lavorativo legale. Il Nord, forte di un’economia comunque più florida, offre maggiori opportunità d’impiego ma – e questo è un punto che non si sottolinea mai abbastanza – la condizione finanziaria delle famiglie consente ai giovani di rimandare l’ingresso nel mondo del lavoro, con effetti negativi per tutto il ciclo, produttivo da una parte e sociale dall’altra.

Ciò è dovuto anche ad una scuola che non sempre risponde alle esigenze dei nuovi mercati. Il cosiddetto “pezzo di carta”, importantissimo da una parte, non sempre garantisce dall’altra una prospettiva professionale. I ragazzi e le ragazze di 20 anni hanno scelto il loro indirizzo lavorativo quando gran parte dei mestieri di oggi non esistevano nemmeno. E così sarà anche per il futuro. Ben consapevole di problemi del genere, almeno di alcuni, diverse aziende, compresa la mia, fin dalla nascita hanno superato i limiti geografici, e molti ragazzi e ragazze dal Sud lavorano nei loro centri, produttivi o di vendita, al Nord.
Per molti imprenditori è importante, nonché utile, fornire sempre nuove opportunità professionali ai propri collaboratori. Il centro di ricerca e sviluppo della mia azienda, ad esempio, esplora costantemente le opportunità offerte dalle nuove tecnologie per creare progetti dedicati ai nuovi settori economici con particolare attenzione alle diverse realtà territoriali e sociali. Ormai l’Italia è chiamata sempre più ad investire nello sviluppo e nell’innovazione, potendo contare su una tradizione tecnica e scientifica che la concorrenza orientale non può creare dall’oggi al domani. Se presto i concorrenti extraeuropei potranno dire la loro nel campo tessile, sarà molto difficile che lo possano fare nel campo elettronico e della meccanica avanzata.
Gli imprenditori come me oggi sono soprattutto alla ricerca di uomini e donne di tutta Italia (e non solo) che desiderino un lavoro serio, professionale, in grado di garantire una crescita costante. La voglia di crescita è alla nostra portata, dipende da noi. Solo così saremmo più forti di fronte al cambiamento, quel cambiamento continuo, talvolta complesso e problematico, senz’altro sfidante, che la nostra era ci ha imposto e ci impone in continuazione. Se l’imprenditore pensa di poter capire il mondo da solo sbaglia: può farlo insieme ai propri collaboratori, i quali però devono essere all’altezza delle nuove sfide esattamente come lui».

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