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«Adesso vi faccio vedere come muore un italiano»

Spero che la famiglia di Fabrizio Quattrocchi, ove mai leggesse questo post, comprenda che la citazione è legata all’individuazione di un esempio di coraggio e di valore che nella maggioranza degli italiani non è mai mancato. Ce lo raccontano le tante medaglie d’oro della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, l’impegno indefesso dei nostri contingenti nelle missioni internazionali, il senso dello Stato delle nostre forze dell’ordine (Carabinieri e Polizia in primis) che, per salari irrisori, mettono a repentaglio la propria vita, non solo contro la criminalità organizzata ma anche per controllare gli imbecilli positivi al Covid-19 che pensano di poter fare una passeggiata indisturbati.

Beh, è giunto il momento in cui tutti gli italiani dovrebbero dimostrare un po’ di quel coraggio: fermare il treno dell’Unione europea e scendere, senza ringraziare. Anche se l’Eurogruppo questo pomeriggio dovesse raggiungere un’intesa su una qualche forma di mutualizzazione del debito per fronteggiare l’emergenza coronavirus, il prezzo da pagare sarebbe troppo alto in termini di dignità. E la dignità non ha prezzo perché, va da sé, che un eventuale assenso dei Paesi del Nord sarebbe un’elemosina concessa a Paesi come l’Italia e la Spagna che vivono al di sopra dei propri mezzi, che hanno sprecato danaro pubblico e che, nel nostro caso, li regalerebbero alla criminalità organizzata.

Die Welt

È la conclusione di un editoriale pubblicato oggi dal quotidiano tedesco «Die Welt». Provo a tradurre con il mio tedesco arrugginito da una ventina d’anni di disuso.

«Deve essere evidente che gli aiuti finanziari all’Italia – dove la mafia è una costante nazionale e aspetta solo un’altra pioggia di soldi da Bruxelles – devono essere spesi esclusivamente nel comparto sanitario e non essere destinati al sistema fiscale e di welfare.

E naturalmente gli italiani devono essere controllati da Bruxelles e provare che i soldi sono stati spesi correttamente. Anche nella pandemia devono valere i principi fondamentali dell’Unione europea».

Personalmente, non voglio neanche un euro da questi miserabili e, soprattutto, non voglio che cattedratici con lauree, dottorati e master mi continuino a ripetere che con 2.400 miliardi di debito pubblico non possiamo minacciare nessuno perché la Bce ci garantisce l’acquisto dei Btp e quindi (è l’estrema sintesi) «poiché siamo con le pezze al culo non possiamo permetterci di fare la voce grossa perché l’alternativa allo statu quo è l’Argentina e la sua lunga collezione di default». Il rischio c’è, è evidente e denunciarlo prima consente a chi paventa il rischio di mettersi in buona luce ove mai a Palazzo Chigi dovesse insediarsi un altro Gauleiter.

Dunque, per quella che è la mia educazione e la mia cultura, non attenderei un minuto di più e denuncerei unilateralmente il Trattato di Roma, il Trattato di Maastricht e il Trattato di Lisbona nell’attesa che il Parlamento sovrano ratifichi la fine di questa penosa commedia.

Ovviamente un secondo dopo aver rivendicato la nostra dignità nei confronti di Germania, Austria, Olanda e Finlandia (solo per citare i quattro pilastri dell’asse rigorista), bisogna mettersi pancia a terra e picchiare duro:

  • Il debito pubblico (i famosi 2.440 miliardi) va messo in sicurezza con garanzie reali sugli immobili pubblici che valgono poco meno della metà del totale. È una guerra: bisogna essere pronti a giocarsi anche il Colosseo e la Fontana di Trevi.
  • I Btp di guerra diventerebbero l’unica opzione praticabile. Conferire l’oro alla Patria per finanziare la ricostruzione sarebbe ineludibile
  • Le spese andrebbero contenute. La voce immediatamente aggredibile è quella delle pensioni: ricalcolo contributivo per tutti. In guerra non ci sono diritti acquisiti. Ça va sans dire, che quota 100 andrebbe definitivamente messa in soffitta. sarebbe l’occasione giusta per pensare finalmente ai conti pensionistici individuali per tutti in modo da segregare il risparmio previdenziale su base individuale dando finalmente un senso al sistema contributivo a capitalizzazione.
  • Stop ai bonus a pioggia. In primis gli 80 euro, in secundis il reddito di cittadinanza vincolandolo alla ricerca di un posto di lavoro (ovviamente escludendo la parte assistenziale dedicata a diversamente abili e disagiati). Se avanzasse qualcosa, andrebbe destinato prioritariamente alla riduzione della pressione fiscale.
  • Basta ponti e weekend! Venti giorni annui di ferie per tutti (domeniche escluse) con la salvaguardia delle tre principali festività cristiane (Natale, Pasqua, Assunzione) e della Festa della Repubblica
  • Correlare strettamente salari e produttività secondo il principio «più lavori più guadagni» sia nel privato che, soprattutto, nel pubblico.
  • Infrastrutture come se non ci fosse un domani. Un esempio su tutti: la Metro C di Roma si finisce e se nello scavo salta fuori l’ennesimo reperto archeologico o lo si prende e lo si ricostruisce da qualche altra parte o bisogna essere pronti a farsene una ragione. abbiamo già il patrimonio storico-artistico più grande del mondo.
  • Burocrazia e giustizia non devono più essere fattori limitanti. Molti liberali stanno lanciando appelli per evitare una pandemia di statalismo e per chiedere una riforma costituzionale al termine dell’emergenza. Non c’è tempo. Basta assicurarci che pubblici funzionari e magistrati abbiano sufficiente amor di Patria!

Lo stesso amor di Patria che hanno avuto coloro che sono caduti in guerra e che hanno medici e infermieri in questi giorni tristi.

Gian Maria De Francesco

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