Computer_Giovane_Scrivania_Lapresse

Nel decreto Cura Italia dello scorso marzo e in quello di prossima emanazione non troverà spazio nessuna forma di sostegno e di ristoro per le scuole paritarie e per i genitori che hanno scelto di non affidare allo Stato l’educazione dei propri figli preferendo, nella maggior parte dei casi, un sistema di istruzione fondato sui principi cristiani, ultimo baluardo contro il tramonto di questo Occidente che dimentica, nega e cerca di recidere le proprie radici in nome di quello che Papa Benedetto XVI ha definito un «umanesimo anticristico». Abbiamo discusso di queste problematiche con Stefano Cigognani, professore e direttore della Don Bosco Village School , istituto parificato di Milano che si ispira al metodo Don Bosco per formare gli adolescenti dagli anni delle scuole medie e quelli del liceo e che ilGiornale.it ha già interpellato sui problemi di socializzazione e di didattica che discendono dalla chiusura imposta alle scuole a causa dell’emergenza coronavirus.

 

Professor Cigognani, il governo si è ancora una volta “dimenticato” nei propri decreti di offrire un reale sostegno alle scuole parificate. Non ritiene che sarebbe stato opportuno, visto l’indubbio servizio educativo fornito e l’altrettanto importante risparmio ottenuto dallo Stato, non escludere le scuole cattoliche in nome di un concetto di laicità che appare superato? Una scelta peraltro, quella di Conte, che abbandona le famiglie della classe media nel pagamento delle rette, in un momento di grande e diffusa difficoltà?

20200417 - Cigognani«Sull’aspetto economico so di differire da organizzazione costituite e di rappresentanza delle scuole paritarie (Fidae, Cnos, Foe, Agesc). Penso che l’aspetto finanziario non vada impostato come conseguenza del Covid. La libertà educativa delle famiglie è un diritto costituzionale, come quella alla salute, ma in quel caso si consente di curarsi, a spese dello Stato, nelle strutture sanitarie che si valutano più opportune. Quello che in questo periodo si è reso maggiormente evidente è che della Carta Costituzionale si fa davvero un uso quanto meno discutibile e in epoca di emergenza le contraddizioni risultano maggiormente evidenti. Le legge 62/2000 riconosce in Italia un sistema di istruzione pubblico formato dalle scuole statali e da quelle paritarie (non private), ma è una delle tante leggi incompiute perché non è stato istituito nessun capitolo di spesa, se non a livello regionale, che rendesse possibile l’effettiva dualità del sistema scolastico italiano. Quello che, tuttavia, emerge in epoca Covid, dal punto di vista della tenuta del sistema d’istruzione è, a mio giudizio, articolabile però anche attraverso tre grandi questioni economiche:

  1. Come farebbe lo Stato italiano, già inguaiato economicamente, a farsi carico di 900.000 studenti che oggi frequentano le scuole paritarie? Lo Stato non ha né le risorse né la tempestività e l’interesse a smantellare un sistema che almeno dal punto di vista economico produce un risparmio.
  2. Quanti sarebbero le persone che a causa di una gestione scellerata del sistema d’istruzione pubblica perderebbero il posto di lavoro dato che in Italia ci sono 12.600 scuole paritarie? Come si potrebbe pensare legittimo e non ancora una volta discriminatorio che vengano sostenute tutte le aziende ma non quelle scolastiche, che sono anche luoghi di lavoro, di investimento, di impresa sociale
  3. Quale politica di sostegno familiare si intende dare alle famiglie: contributi per il babysiteraggio e non per la libertà di educazione istituzionale? Saremmo alla politica dell’assurdo.

Pertanto io non ritengo che la scuola paritaria debba ricevere fondi e sussidi ma che le famiglie possano, senza pregiudiziali economiche discriminatorie, scegliere gli alleati educativi con cui costruire un percorso di crescita, educazione e formazione dei loro figlioli. Posizioni ideologiche e reazionarie sono la bandiera di quelli che dicono di essere progressisti; persino la laica Francia riconosce, sostiene e finanzia la libertà educativa. Se le famiglie potranno scegliere economicamente la scuola paritaria, la scuola paritaria arricchirà e completerà il sistema di istruzione pubblica».

Le scuole di ogni ordine e natura avranno probabilmente necessità di investire per adattare le proprie strutture alla nuova realtà post Covid-19. Lei dirige un istituto giovane e di nuova concezione, ma molte scuole paritarie hanno invece strutture più datate. Il sistema scuola che cosa chiede al governo per rendere meno difficile la situazione anche dal punto di vista del bilancio?

«Il principio di libera concorrenza, in comorbosità con la denatalità, ha in questi anni fatto chiudere  diverse decine di scuole paritarie che non sono state in grado di rinnovarsi, adeguarsi ai tempi e offrire percorsi di formazione d’avanguardia. La scuola paritaria spesso viene scelta più per l’offerta didattica di valore che non per quella educativa; questa constatazione mi dispiace molto doverla fare, perché gli Istituti Paritari seri sono nati e continuano a faticare per rimanere aperti perché credono in un vecchio motto di un grande rettore della Congregazione salesiana, che riassumeva l’azione delle scuole di don Bosco con lo slogan “insegnare educando, educare insegnando” (E. Viganò). Chiusi e serrati i diplomifici, dislocati in alcune realtà geografiche del nostro Paese più che in altre, la scuola paritaria può davvero essere un’opportunità che fa bene al sistema di istruzione nazionale favorendo indirettamente e positivamente una sana competizione. Io penso che una volta che lo Stato abbia affiancato le scuole pubbliche (statali e paritarie ribadisco) nel processo di sanificazione (cosa che ha fatto) o di fornitura dei dpi che riterrà di dover prescrivere, se sarà così lungimirante da sostenere la domanda da parte delle famiglie, le scuole paritarie continueranno ad innovarsi e ad essere scelte proprio per la libertà che le caratterizza anche dal punto di vista dell’innovazione, più libere da “lacci e lacciuoli” burocratici di quelle statali ma rispettose delle norme imposte dalle autorità ministeriali, perché mentre una scuola di Stato non può essere chiusa un Istituto Paritario sì».

In vista della riapertura di settembre, quali regole pensa di implementare nella sua scuola, al fine di garantire un effettivo distanziamento sociale tra adolescenti o pre-adolescenti? Quali sono i principi corretti per suddividere una classe in più gruppi? Questo non rischia di favorire disparità tra gli alunni e un maggior onere per i docenti?

20200409 - Manifesto Sdraiati«A scuola si insegna a non viver come bruti ma a servire virtute e canoscenza. Quella del distanziamento sociale dovrà essere un’ulteriore sfida educativa, non potremo certo farci vincere dalla paura che si è diffusa subdolamente specie tra le nuove e già fragili generazioni. Più facile sarebbe la didattica a distanza se il processo scolastico si risolvesse nella mera trasmissione di un sapere. Anziché perseguire un processo virtuoso di educazione e gestione del rischio, l’unica cosa che rischiamo di indicare è che è meglio stare rintanati, alimentando l’atonia e la propensione alla vita social, virtuale, e non a quella reale. Dovremo declinare regole e comportamenti in ingresso e in uscita, al servizio mensa, alla palestra, dovremmo ampliare l’attenzione all’educazione igienico-sanitaria e implementare il disciplinare utilizzato per l’assegnazione del voto di condotta, come deterrente, per indurre i giovani ad una progressiva capacità di corretta assunzione di comportamento sociali (“onesti cittadini insieme a buoni cristiani” , diceva don Bosco). Ma, soprattutto, penso che la comunità scolastica sia davvero un luogo di eccellenza e di sorveglianza sanitaria, sistema che purtroppo è stato mandato in frantumi da trent’anni a questa parte. Noi siamo in grado di sapere nella giornata stessa il motivo dell’assenza di uno studente, potremmo rilevare la temperatura in più fasi della giornata. Io sono al lavoro nell’ideazione di pittogrammi che consentano ai giovani studenti immediati richiami di allerta e di attenzione che le aziende declinano nei loro manuali e protocolli. Non vorremmo vivere in un paese di giuseppiniana memoria, quando il despota austriaco indicava persino il numero di rintocchi delle campane, ma in uno Stato con cui collaborare, con figure preposte e capaci di prossimità anche igienico-sanitaria».

Wall & Street

Tag: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,