Lo sappiamo che siamo poveri. Non c’è bisogno di ricordarcelo
“Prodotto per indigenti. Non commerciabile”. Un scritta inequivocabile e bene in vista sui prodotti alimentari offerti gratuitamente ai più bisognosi: farina, riso e pasta. A distribuirli è l’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. L’intenzione è lodevole, la realizzazione un po’ meno. Aprire lo sportello della dispensa e trovarsi di fronte tutti i giorni quella parola “indigenti” ovvero poveri, squattrinati, nullatenenti in effetti non è che sia proprio rassicurante. E se è vero che a caval donato non si guarda in bocca è pure vero che scegliere un simbolo più anonimo ma ugualmente riconoscibile non è una richiesta eccessiva.
A chiedere di sostituire la parola indigenti è l’Associazione Salvamamme che , come tante altre Associazioni e Parrocchie, riceve dal Banco Alimentare i prodotti Agea. Nella distribuire i prodotti ha potuto verificare in diretta l’imbarazzo della mamma alla quale il figlio, vedendo la confezione, chiedeva: <Che cosa vuole dire indigenti?>. L’Associazione chiede il cambiamento con una preghiera, sottolineando che sono proprio i nuovi poveri, tanti italiani, che fanno di tutto per non perdere la dignità e che trovano quella scritta imbarazzante. Salvamamme rivolge <Una preghiera a quanti, sicuramente per finalità meritevoli, forse anche per evitare azioni riprovevoli – persone motivate, le cui doti di correttezza e la cui sensibilità sono fuori discussione – hanno fatto ricorso a questa stampigliatura sbagliata, una preghiera di provvedere a rimuoverla, a evitarne l’uso>.
Sicuramente sarà possibile trovare una scritta che permetta di evitare eventuali truffe e imbrogli ma che allo stesso tempo non provochi domande alle quali un genitore in quel momento fa davvero fatica a rispondere.