Alla fine del 1998 in una rivista di ingegneria americana, apparve un articolo del colonnello Robert McCiure nel quale si ipotizzava la creazione nei Balcani di una base americana talmente grande che col tempo avrebbe dovuto sostituire per importanza, la base di Aviano in FVG.
Intanto mi preme ricordare che ad Aviano siano stoccate la maggior parte delle bombe atomiche americane presenti in Europa.
Veniamo al dunque, durante i 75 giorni di bombardamenti NATO in serbia terminati a giugno 1999, gli USA presero possesso di oltre 1000 acri di terreno agricolo ( poi gradualmente aumentati) nella zona sud est del Kosovo, vicino alla città di Uresevac.
Camp Bondsteel viene chiamato dagli americani “la grande signora”, e dai kosovari “red devil” in quanto è la Base americana più grande mai costruita dai tempi del Vietnam, ed è
collegata a tutta una fitta rete di basi tra cui camp Monteith ( nella quale è presente un campo prigionieri in stile Guantanamo, con prigionieri in tuta arancione) e altre basi dall’altra parte del confine in Macedonia del Nord.
Le attività di questa base sono secretate
tuttavia sappiamo che è stata costruita in una zona nella quale confluiscono diversi oleodotti, tra cui l’oleodotto trans balcanico gestito dalla compagnia petrolifera Halliburton oil ( tenete a mente questo nome).
A Camp Bondsteel ci sono circa 7000 soldati tutti americani
( in quanto i soldati della kfor non hanno basi fisse ma dei campi provvisori mobili) e circa 25 km di strade.
Ci sono 300 edifici ed è circondata da 14 km di barriere in cemento e 84 km di filo spinato, inoltre ci sono 11 torrette di avvistamento.
Per farvi un idea della
dimensione sappiate che la base ha un centro e una periferia, nel centro sono presenti negozi e palestre aperte 24 ore su 24, inoltre c’è una biblioteca ed una cappella, un eliporto con 55 tra Black Hawk e Apache, infine ci sono delle linee di autobus per spostarsi dentro al suo perimetro, attualmente di 25 km.
Se qualcuno dovesse aver problemi di salute, la base è collegata all’ospedale più attrezzato d’Europa, il quale, guarda caso, si trova all’interno della base stessa.
L’area interessata inoltre è stata allargata ad una zona dove di suo erano già presenti oltre 320 km di strade e 75 ponti.
La base consuma l’equivalente di
elettricità che consuma una città di 25.000 abitanti, consuma circa 600.000 galloni di acqua al giorno, ogni giorno vengono pulite circa 1200 sacche di panni sporchi e serviti circa 18.000 pasti.
I servizi della base sono stati appaltati alla ditta Brown and Root services la quale è un affiliata della Halliburton Company, la quale fa parte del gruppo petrolifero Halliburton oil ( Remember).
Andiamo a conoscere questa società.
Nel 1992 il segretario alla difesa nella presidenza Bush senjor, Dick Cheney diede a questa società il primo
di infiniti appalti, per un totale sino adesso di 1,9 miliardi di dollari.
Tra il 1995 e il 2000 Cheney divenne il direttore generale dell’azienda, attualmente è il vice presidente.
Ma vediamo ora a chi appartiene questa compagnia, i maggiori azionisti sono Vanguard e blackrock, fingiamo sorpresa.
Nella zona in cui è stata costruita la base, la disoccupazione è all’80%, la Brown and Root services ha assunto direttamente 5.000 persone e altre 15.000 indirettamente, tutti rigorosamente di etnia kosovara Albanese, a Serbi e Macedoni è preclusa l’assunzione da parte loro.
Infine, la paga oraria di questi dipendenti oscilla tra 1 e 3 $, la motivazione di stipendi così bassi è stata il top dell’ipocrisia, ovvero, hanno asserito che una paga onesta avrebbe creato inflazione salariale in una zona con così tanti disoccupati.
Antefatto:
Nel 1948 Tito ruppe i rapporti con la Russia rivendicando l’autonomia jugoslava, Enver Hoxha presidente dell’Albania al contrario continuò a farsi influenzare dalle politiche Sovietiche, sino alla sua morte avvenuta nel 1985.
Tito morì invece nel 1980, il suo successore fu’ Lazar Kolisevski, il quale non aveva certo abilità, carisma e piglio giusto per gestire una comunità multietnica come quella della federazione jugoslava.
Fu’ in quel periodo che nella regione Serba del Kosovo nacque un organizzazione paramilitare e politica che propagandava la creazione della “grande Albania”, organizzazione poi diventata nota col nome di UCK ( Ushtria Çlirimtare e Kosovës – esercito di liberazione del kosovo).
Fu’ nel 1981 che cominciarono tutta una serie di stupri e saccheggi,
incendi e tumulti culminati a marzo all’università di Pristina dove ci furono oltre 200 morti, documentati dall’inviato del New York Times (NYT) David Binder, il quale in un articolo del 9/11/1982 scriveva, il tentativo di bruciare vivo un bambino serbo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, da quel momento oltre 20.000 kosovari di etnia serba abbandoneranno la regione, per via dei numerosi crimini che avverranno da quel momento in poi e coperti dalle autorità comuniste locali, così come documentato da un altro inviato del NYT
Henry Kamm in un articolo del 1986.
Binder tornò in Kosovo nel 1987 e in un altro articolo documentò come i politici locali avessero dirottato fondi e con modifiche ai regolamenti rubarono terre e raccolti ai kosovari Serbi.
Documento’ inoltre attacco alle chiese ortodosse avvelenamento di pozzi e la nascita del cosiddetto stupro etnico; praticamente gli anziani dell’uck istigavano i più giovani a stuprare le donne di etnia serba.
Come detto Hoxha morì nel 1985, in quell’anno il vicedirettore della CIA George Tenet, di origine albanese
( la famiglia era scappata a bordo di un sommergibile inglese, dall’Albania) individuò nel Kosovo il territorio ideale per destabilizzare l’Europa in previsione dell’avvento di euro ed unione europea, in sintesi boicottare gli oleodotti e gasdotti russi e iraniani nella tratta mar nero – Romania – Serbia a favore dell’oleodotto Georgiano di Baku Supsa controllato da inglesi e americani mediante delle manovre militari congiunte effettuate tra Azerbaijan Ucraina Georgia e anche Moldavia con la NATO partnership for peace.
Ovviamente per poter bombardare la zona era d’uopo avere un opinione pubblica favorevole.
L’OSCE è l’organizzazione sicurezza e cooperazione europea, un ente nato a Helsinki in Finlandia nel 1975, trattandosi di affari europei a nessuno è sorto un sospetto quando a capo dell’organizzazione
venne eletto un americano; William Walker, ma andiamo a conoscerlo meglio: Walker nasce come specialista di questioni latino americane, la sua prima missione è in Perù nel 1961, passa poi al dipartimento di stato per l’ambasciata USA in Argentina, mentre tra il 1969 e il 1972 si trova a Rio de Janeiro durante la feroce dittatura di Garastazu Medici.
Tra il 1974 e il 1977 si trova nella sezione politica dell’ambasciata USA in el Salvador per gestire le formazioni paramilitari “orden” addestrate dalla CIA e dai berretti verdi.
Nel 1982 Reagan lo mandò in Honduras dove vennero dislocati i “contras” in funzione Anti – Nicaragua.
In Honduras lavorò col colonnello Oliver North balzato alle cronache per i fondi occulti al terrorismo anti sandinista, ma soprattutto con Felix Rodriguez istruttore dei reparti speciali in Vietnam e in America Latina, Rodriguez fu’ colui che interrogò dopo la cattura Ernesto che Guevara e che diede l’ordine di ucciderlo.
In quel periodo Walker fu invischiato in uno scandalo di fondi neri, mediante una commissione d’inchiesta, risultò che fu’ parte integrante in ben 13 nazioni, ma neanche questo fermò la sua carriera e nel 1988 lo ritroviamo in el Salvador ad organizzare un party per festeggiare l’elezione del presidente Alfredo Cristiani, alla festa invitò tra gli altri il maggiore Roberto D’Aubuisson , l’organizzatore degli squadroni della morte.
In effetti non ebbe nulla da dichiarare quando i militari salvadoregni irruppero nell’università centro americana massacrando tutti gli studenti gesuiti.
Nel 1992 lo ritroviamo accanto a Franjo Tudjman, presidente della Croazia, il politico che più di tutti faceva gli interessi americani nei Balcani e che fu’ il maggior promotore della dissoluzione dell’ex Jugoslavia.
A quel punto lo mandarono in Kosovo a creare i presupposti per una guerra.
In effetti fu’ lui a dare il via ai bombardamenti simulando il casus belli
ovvero, una strage mai avvenuta a Racak.
A Pristina oggi c’è un enorme statua bronzea, alta sei metri, a suo ricordo.
E visto che ci siamo sappiate che l’autostrada che collega le città di Uresevac e Gnjilane è stata dedicata a Beau Biden, il figlio defunto del presidente USA Biden ( fingete stupore).
Racak è un piccolo villaggio in Kosovo a 8 km da Pristina, il 15 gennaio 1999 l’inviato de “le Figaro” denunciò che le milizie serbe avevano ucciso 45 civili, salvo poi smentire due giorni dopo.
Anche “le monde” e “liberation” smentirono la notizia, ma il casus belli ormai era scoppiato e diede il via a 78 giorni di bombardamenti ininterrotti.
Ma cosa era successo nello specifico, il 15 gennaio le autorità serbe invitarono al villaggio sia i giornalisti sia gli osservatori dell’osce, i quali
videro si alcune ( poche) vittime di combattimenti e tutti appartenenti ai miliziani dell’UCK, per il resto era un villaggio normale.
Il giorno dopo il villaggio era tornato sotto il controllo dell’UCK, la quale invitò i giornalisti a vedere 45 cadaveri.
In pratica Walker si riuni’ per 45 minuti con il capo dei miliziani dell’UCK e assieme a 90 mercenari ex Cia in tutta fretta inscenarono il massacro, inoltre con la complicità di una troupe di patologi guidati da una finlandese, la quale poi non pubblicò gli esiti delle autopsie.
Tali studi verranno pubblicati in sordina da una rivista canadese, anni dopo, lo studio del forensic sciencie International non diede i risultati sperati e anche secondo Berliner Zeitung non c’erano assolutamente prove, in quanto secondo le dichiarazioni di testimoni le vittime erano state uccise da colpi sparati da breve distanza, in realtà su 45 cadaveri solo uno aveva piccole tracce di polvere da sparo.
Il corrispondente del Los Angeles Times, Watson intervistò gli abitanti del villaggio e divenne un testimone diretto del fatto che la NATO stesse ammazzando chi invece diceva di voler salvare, e si rifiutò di lasciare il Kosovo, per poi mostrare le menzogne della NATO in un programma andato in onda il 17 aprile nel canale CBC canadese.
I fotoreporter della Reuters documentarono che la prima vera vittima è stata la verità.
Secondo l’osce durante l’esodo dei profughi dal kosovo, i miliziani serbi uccisero 80 profughi kosovari, e questo venne trasmesso in tutte le TV mondiali, in realtà gli aerei NATO li colpirono deliberamente; il 14 aprile ci furono 4 attacchi aerei a distanza temporale l’uno dall’altro, il che escludeva l’errore del singolo pilota.
Mesi dopo la stampa diffondeva la notizia che i 10.000 kosovari morti tra i civili erano, in realtà 2000 miliziani dell’UCK, i quali invece fecero strage di civili.
Gli USA erano talmente preoccupati di dover rispondere di crimini di guerra e quindi incaricarono il 17/10/1999 la fondazione Stratford, un centro studi strategico di Austin in Texas, di verificare le possibilità di tale rischio, la fondazione li rassicurò con la conclusione che, dopo un anno
qualsiasi falsità ingoiata sarebbe stata dimenticata.
Dopo la guerra cominciò la vera e propria pulizia etnica del Kosovo, Turchi, montenegrini, Croati, Goran, Rom ed Ebrei, i quali vennero colpiti con stragi sistematiche, non solo dai miliziani dell’UCK ma anche dai
liberatori del kfor, questi ultimi si erano scatenati.
Cedda Prlincevic era il presidente della comunità ebraica di Pristina e scampò al pogrom rifugiandosi prima in Macedonia e poi a Belgrado, grazie all’amico Eliz Viza e al presidente della comunità ebraica di Skopje e rilascio le succitate dichiarazioni anni dopo quando venne intervistato da Jared Israel del Brecht forum di New York, dichiarò inoltre che il popolo serbo non ebbe mai problemi con gli albanesi e anzi si aiutavano a vicenda.
Dopo che le truppe del kfor aprirono
i confini con Albania e Macedonia, entrarono in Kosovo diversi mercenari e miliziani che cominciarono a sterminare la popolazione locale, e spesso erano i serbi a difendere gli albanesi dalle milizie paramilitari.
A Pristina stavano tutti assieme nelle cantine, Rom, turchi, Serbi e albanesi e non ci furono tra loro vendette personali o religiose, tantissimi kosovari ebbero problemi con le milizie, non solo quelli che si schieravano apertamente contro l’indipendenza del Kosovo, ma anche coloro i quali non prendevano posizione.
Tra giugno e luglio 300.000 abitanti andarono via per sempre dal kosovo, cacciati dai paramilitari, quindi potete immaginare che valore possa avere avuto il referendum per l’indipendenza.
La Nato in Kosovo e in Serbia ha praticamente ammazzato solo civili, basti pensare che le perdite di mezzi militari delle forze serbe, ammontano a soli 13 carri armati.
Il 7 febbraio 2000 su richiesta dell’ONU la NATO dovette ammettere di avere utilizzato nella guerra in Kosovo e in Serbia, armi proibite dalla convenzione di Ginevra e in seguito da quella di Ottawa.
Premessa:

In quel periodo
gli USA avevano 500.000 tonnellate di scorie radioattive da stoccare e/o smaltire costosamente.
Dietro richiesta ONU ammisero di aver sparato oltre 31.000 proiettili ad uranio impoverito.
Un proiettile di Uranio pesa il doppio del piombo pur essendo più denso e duro e all’impatto brucia ad altissima temperatura, al punto che se colpisci un blindato, all’impatto carbonizzi gli occupanti.
L’uranio si trasforma in ossido radioattivo in polvere e penetra nel terreno e nelle falde acquifere, creando altissima mortalità per la semplice
catena alimentare.
Un missile Tomahawk ha l’ogiva in uranio impoverito, e non ci è dato sapere quanti ne siano stati sparati, tuttavia una ricerca ha stabilito che un solo missile Tomahawk causa mediamente tra le persone coinvolte nell’area in cui è esploso, 1620 tumori.
Solo nella strada tra Pec e Prizren dove erano dislocati i militari italiani, si calcola oltre 10 tonnellate di uranio lasciate sul terreno.
Un volontario prese un campione di terra a Novi Sad e rientrato in Italia lo fece esaminare, risultando positivo all’isotopo 238 in quantità 1000 volte maggiore al tollerato.
Ovviamente i militari entrati a contatto con tale elemento si ammalavano dopo diversi mesi, i reduci della guerra del golfo in irak del 1991, furono i primi ad utilizzare tali armi, nel 2000, di loro, ben 90.000 uomini si erano
già ammalati di tumori e leucemia, tale altissima mortalità venne ipocritamente definita “sindrome del golfo”, come a voler far passare il messaggio che si ammalavano per via dell’ambiente ostile.
Poi ovviamente fu’ il turno dei militari italiani, una leucemia dietro
l’altra e l’allora ministro, rifiutò il risarcimento in quanto a suo dire non vi erano prove che si fossero ammalati per colpa dell’uranio impoverito, il ministro in questione si chiamava ( anzi si chiama perché lui non si è ammalato) Sergio Mattarella.
Immaginatevi nel lungo periodo la moria di contadini e non solo.
Gli aerei NATO come sapete partivano da basi italiane, trasportavano Cluster Bords a frammentazione, vietate anche loro da convenzione di Ginevra e di Ottawa, e avevano ordine a fine missione di sganciare nel mare adriatico le bombe non utilizzate, in quanto la gestione era pericolosa.
Il 30% di queste bombe sono inesplose e attive e la NATO si è rifiutata di dare indicazioni sul posto preciso nel quale sono state sganciate, tuttavia se sfogliate qualche quotidiano dell’epoca e non solo, non farete fatica a trovare articoli nei quali si parla di pescatori che hanno trovato ordigni tra le reti, di cui qualcuno gli è anche esploso in faccia, tutto ovviamente messo a tacere e spesso facendole passare per residuati bellici della WWII.

Marcello Ippoliotti