scattoneGiovanni Scattone ha rinunciato alla cattedra, ma non facciamone un martire, per favore. La vittima era, resta e rimarrà, Marta Russo. Lui non è più “sereno”. Comprensibile, visto il polverone che s’è tornato ad alzare. Lei, però, non è più su questa terra. Ancor più comprensibile, se ci è consentito sottolinearlo, il rinnovato dolore della famiglia Russo. Lui potrà ripensarci e ci ripenserà, statene certi. Si è già esposta, tra i tanti garantisti a corrente alternata, il ministro dell’Istruzione e dell’Università  (la ministra, pardon) Stefania Giannini, affermando che non avrebbe problemi a mandare i figli in una scuola ove insegnasse il professor Scattone. Non tutti i genitori degli studenti, tuttavia, sono tenuti a pensarla allo stesso modo. Lei, Marta, non avrà un’altra vita. Ogni volta che mi capita di passare alla Sapienza, non trascuro di passare per quel vicolo anonimo e proprio come 17 anni fa mi assale ancora l’incredulità per una follia così gratuita. Non è più tempo per una disputa tra innocentisti e colpevolisti. C’è una sentenza, per alcuni lacunosa e ingiusta, per altri sin troppo generosa. E la pena, modesta o severa che la giudichiate, è stata scontata. Il professore ha diritto di insegnare, non essendo stato interdetto ai pubblici uffici, ma noi abbiamo il dovere di ricordare. Suvvia, esistono tanti lavori per chi si sa ingegnare.

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