Avviso di garanzia a Roberto Costantini
Ho cominciato a leggere romanzi quando ero all’università e avrei dovuto, più responsabilmente, concentrarmi sui testi di legge. Mi sono laureato tardi, ma forse quelle letture sono valse a qualcosa. O forse no. Il dubbio, di per sé, è una cosa che ho imparato ad apprezzare con l’età. Amo i libri, vengono appena dopo la mia famiglia. Appena prima, sostiene mia moglie. Chissà chi ha ragione. Per questo vivo nel terrore di perderli, i libri. Non tanto quelli che ho, quelli sono al sicuro. Quelli che non ho. La paura di non trovare più libri che mi emozionino, che mi tengano stretto alla trama e ai personaggi, che mi facciano evadere e nello stesso tempo che mi restituiscano il me stesso sequestrato dalla quotidianità. Sono un lettore onnivoro, seriale, compulsivo, ma più vado avanti (o indietro) e più si fanno rari i libri che mi piacciono davvero. Alcuni arrivano dagli uffici stampa delle case editrici, altri li compro. Restano sul comodino giorni, settimane, a volte persino mesi. Li prendo con l’idea di leggerli per poi scriverne. Dopo qualche pagina, sempre più spesso, mi fermo. Le pagine si smagnetizzano. Appassiscono. Le recensioni non arrivano. Le scuse si sedimentano una sull’altra. Mento a me stesso, per non deludere gli autori. Non ho tempo. Ed è vero, in parte. Poi mi è capitato di mettere gli occhi sull’atteso “La moglie perfetta” e mi sono ricordato cosa ti succede quando incontri il romanzo “perfetto”. Non riesci più a smettere di leggere e se devi lavorare, fare la spesa, occuparti dei figli, rispondere al telefono, lo fai, certo, ma la testa rimane tra quelle pagine, insieme col segnalibro. E tra le telefonate ne infili una a un amico e gli dici semplicemente: pagina 280. Poco dopo gli mandi un sms: pag. 281. Chi ama i buoni romanzi – non stiamo qui a discettare di letteratura o narrativa, distinzione che non mi ha mai appassionato – può capirmi. Chi ne trova uno, trova un tesoro. Scrivere è un mestiere duro e con un po’ di esercizio chiunque abbia sufficienti strumenti culturali può elaborare un buon testo. Lo scrittore di talento, invece, lo riconosci subito. Il fuoriclasse è un’altra storia. Roberto Costantini ha pubblicato il suo primo romanzo, “Tu sei il male”, nel 2011, pochi mesi prima di compiere 60 anni. Deve aver avuto una vita intensa, perché altrimenti un libro così non potresti mai scriverlo. La trilogia del male – “Tu sei il male”, “Le radici del male” e “Il male non dimentica”– è un’opera spettacolare, un affresco della storia libica che si intreccia con quella italiana del dopoguerra spingendosi fin nei suoi angoli più oscuri. Nessun saggio avrebbe mai il coraggio di esplorare fino in fondo talune spigolosità. Non dal punto di vista controcorrente di Costantini. Avrei voglia di interrogarlo, più che di intervistarlo. Lo farei con i metodi bruschi di Balistreri, convinti come siamo, io e il suo commissario, che il profilo psicologico venga prima del movente, venga prima di tutto. Capire chi hai di fronte. Costantini, lei è un uomo di successo, un ingegnere, un ricercato consulente aziendale, ha lavorato dodici anni per società italiane e internazionali nel campo impiantistico e ha conseguito il Master in Management Science a Stanford (California) e adesso dirige la Luiss Guido Carli di Roma dove insegna Business Administration. L’indagine, sinora, è stata molto semplice: le informazioni sono tratte da wikipedia. Ma servirebbero a spiazzarlo, forse. Lo incalzerei accendendomi una Gitane proprio sotto al cartello “vietato fumare” del commissariato. Perché ha iniziato a scrivere così tardi? Dove ha nascosto lo scrittore per tutti questi anni? E mi verrebbe da strattonarlo violentemente per costringerlo a tirar fuori tutte le storie che conserva dentro di sé, perché è una tortura leggere un romanzo e iniziare a pensare dopo poche decine di pagine che dovrai aspettare mesi, forse anni, per leggere un altro romanzo di quell’autore. Rimettersi al suo capriccio. Insomma, Costantini, cos’ha intenzione di fare? Ci dica progetti e tempi di realizzazione. In fondo è un ingegnere, non è uomo che si improvvisa. Parli subito, così che io possa riprendere la lettura da pag. 282 animato da un pizzico di sollievo. Non è una recensione? Probabilmente no. Ma in fondo questo è il mio blog, mica un sito letterario.