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Gianni Morandi ci tiene costantemente aggiornati su ogni minimo dettaglio della sua vita. Tante piccole notizie non fanno una grande notizia, direte. Eppure la normalità (banalità?) può essere rivoluzionaria in un social network in cui ognuno cerca di presentarsi migliore o peggiore di quel che è nel quotidiano. Non riuscendoci quasi mai, a sembrare migliore. Peggiore, per lo più. La sua pagina piace a 2. 397. 750. Due milioni e mezzo di persone. Le foto di Anna (la compagna, santa donna) sono ormai un cult di facebook, in decine di migliaia si contano gli utenti che attendono i suoi aggiornamenti tempestandolo di commenti imbarazzanti. Il più frequente? Gianni, mi saluti? E lui saluta, quando può. Di tempo da perdere, evidentemente, ne ha abbastanza. Mesi fa, qualcuno insinuò che avesse un social manager alle spalle, un professionista che lo consigliasse e smanettasse per lui sulla tastiera. Ma non divaghiamo. L’ultima polemica l’hanno sollevata sedicenti sindacalisti antimoderni l’altroieri, perché ha accompagnato Anna a fare la spesa. Di domenica. Foto di Anna e post a seguire, come da prassi. 44mila like. Quarantaquattromila like. Più dei 31mila esultanti per la piadina mangiata il 17 settembre e dei 30mila che hanno salutato con giubilo il viaggio in treno di ieri. Ma fare la spesa di domenica è politicamente scorretto e anche vagamente antidemocratico, perché le commesse preferirebbero andare al cinema con i ragazzi e i commessi, da parte loro, sprofondarsi sul divano a seguire le partite di calcio. Povero Gianni, quand’era ragazzo la mamma lo mandava a comprare il latte, ma all’epoca – parliamo dell’anteguerra – i micro alimentari erano chiusi e i centri commerciali non c’erano. Domenica prossima, Gianni, mi raccomando: uno scatto proletario! E il latte compralo il sabato.

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