È tutta questione di… umiltà.

Dopo millenni di storia del mondo, sia dal punto di vista geologico che naturale, ancora tutte le culture si pongono le stesse sostanziali domande, anche se con metodi e codici diversi. Dai tentativi di risposta sono scaturite allora filosofie, forme artistiche, sistemi di pensiero politico, visioni del mondo e discipline. Tutte possibili e accettabili risposte alle solite domande, sempre le stesse perché tipiche dello sviluppo mentale umano del quale costituiscono l’architettura portante.

Mi sembra chiaro che il momento storico mondiale che stiamo vivendo porti con sé una ineluttabile evidenza: il fallimento del principio di autodeterminazione assoluta, mentre occorre dare il giusto peso al processo creativo dell’evoluzione stessa che, secondo il mio parere, non è affatto legato al caso, ma segue un percorso che è, per la mente umana, del tutto oscuro.

Questa ipotesi gode dello stesso “diritto di cittadinanza” di quelle altrettanto interessanti che considerano l’evoluzione umana e della natura come uno sviluppo del tutto casuale.

La differenza sostanziale che però esiste fra le due impostazioni mentali, che sono altrettanto scientifiche perché confutabili entrambe, è la seguente: chi crede che l’evoluzione, ivi compresa quella della nostra specie, non avvenga a caso, considera il futuro come un mistero, mentre coloro che credono nel caso considerano il futuro qualcosa di ignoto.

Si tratta di due prospettive di vita completamente diverse, secondo le quali si realizzano comportamenti umani altrettanto diversi, perché rivolte a considerare prerogative umane differenti tra loro.

Una cosa è sostenere che il futuro è misterioso ed altra faccenda che il futuro è ignoto. Nel primo caso, tutto ciò che risulta essere invisibile, incomprensibile, e a volte persino irragionevole, può svelare infinite possibilità, grazie all’azione creatrice di un intelletto umano che diventa partecipe del mistero stesso. Nel secondo caso, qualsiasi sforzo umano teso alla comprensione degli avvenimenti, secondo una prospettiva a lunghissimo termine, sembra quasi inutile e comunque al di fuori di un cosiddetto stile di vita ragionevole.

Le persone che adeguano la loro vita al mistero non hanno paura del futuro, mentre nessun individuo diventerebbe partecipe dell’ignoto, pena la vita stessa della propria coscienza.

In ottica prettamente cognitiva, il mistero e l’ignoto prevedono un’azione mentale praticamente opposta. Nel primo caso si sviluppa un atteggiamento che definiamo fideistico (anche se non comprendo, credo fortemente di essere inserito, come individuo, in un progetto di cui mi sfugge il fine). Nel secondo caso si sviluppa un atteggiamento agnostico (non si può dire nulla circa qualche cosa, perché la mente non riesce a comprendere).

Ma ogni tipo di conoscenza, come ogni valutazione di ciò che si conosce, prevede una sorta di fede, ossia un credo in base al quale si ritiene di avere conosciuto qualcosa di vero.

Si può dunque sostenere che anche nella forma più rudimentale di conoscenza si nasconde una sorta di atteggiamento fideistico. Senza un credo non si può conoscere, perché non si riterrebbe di poter scoprire la verità sulle cose e, come spesso mi capita di affermare, possiamo tranquillamente sostenere che senza amore non si conosce nulla.

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