“L’auto sta morendo di tasse” (mi permetto di adattare all’occasione il monito lanciato dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi), un’agonia che avviene nel completo disinteresse dello Stato e della politica nazionale, tutta impegnata a sfogliare la margherita del Monti bis o del Monti non bis. Ecco l’argomento che interessa in questo momento.
Intanto l’auto continua ad affondare e l’economia a essa legata, cioè buona parte di quella che tiene in vita il Paese, respira con l’ausilio delle bombole di ossigeno. I dati di questi giorni e delle ultime ore sono impressionanti: il mercato, da gennaio, segna -20 per cento; il gruppo Fiat-Chrysler (che vuol dire decine di migliaia di posti di lavoro, indotto compreso) solo in settembre ha perso il 24 per cento; la pressione fiscale sul settore è vergognosa; il prezzo della benzina che oscilla tra 1,90 e 2 euro scandaloso, ancora l’altro giorno leggevamo che il governo sta preparando la riduzione delle tasse dei carburanti (aggiungo che se ne parla senza risultati dal 2008) e che novembre potrebbe essere il mese giusto per intervenire (si accettano scommesse…). Sull’auto i dati negative e le notizie nefaste non si contano. Dico solo che c’è del sadismo a Roma perché il Tesoro, affamato com’è di euro, sta consapevolmente rinunciando a una montagna di euro che arriverebbero dall’Iva legata alle vendite di automobili. Un perfetto harahiri che induce a pensare che sia in corso una vera guerra all’automobile (un quotidiano nazionale gioiva, dedicando al fatto una pagina, perché le vendite di biciclette hanno superato quelle delle automobili). Piuttosto che gioire e mi scusino i produttori di bici, c’è da piangere. Invece di riempire forzatamente le città di piste ciclabili, spesso inutili e pericolose, sarebbe meglio rattoppare i buchi nelle strade, migliorare la segnaletica realizzare parcheggi sotterranei, investire su una mobilità più sicura e meno legata a fantasie demagogiche e sfondo politico.
Bisogna salvare l’automobile, bisogna riaccendere il motore dell’economia, è necessario far capire a chi governa – da Roma, alle Regioni, alle Province e ai Comuni – che le continue vessazioni stanno mettendo in ginocchio milioni di persone, in particolare i pendolari forzati dell’automobile, gli stessi che, sollecitati dalle istituzioni, hanno investito i propri risparmi per comprare un’utilitaria con motore a basse emissioni, anche a benzina o diesel, ai quali viene impedito paradossalmente di circolare.
Bisogna riconoscere l’impegno di questa industria sul fronte della lotta all’inquinamento e della sicurezza, non seguito alla medesima velocità dallo sviluppo delle infrastrutture. Missione Auto (5-6 ottobre evento a Torino in piazza Vittorio Veneto e al Circolo dei lettori), e Amoer, il movimento-associazione nato per promuovere questa iniziativa “di rottura” e che si propone di essere itinerante, nasce con questi precisi obiettivi: denunciare gli abusi e le vessazioni, combattere la demagogia, contribuire a ristabilire la veritá e stimolare la filiera automobilistica a reagire, a non chiudersi in se stessa, a compattarsi allo scopo di costituire una lobby forte e incisiva, lasciando perdere rivalitá e campanili, e in grado di respingere al mittente ogni forma di ulteriore vessazione. Basta guardare quello che altri comparti sottotraccia continuano a fare a discapito dell’automotive.
Questa situazione mi ha personalmente stufato e, come me, penso milioni di persone. Penso sia arrivato il momento di dire le cose come stanno. Il bancomat buono per tutte le occasioni ha finito i soldi.