Questi non sono Charlie. Sono l’Italia peggiore
François Hollande a braccetto con il premier di una Turchia che si è ben guardata dal fermare la fidanzata di Amedy Coulibaly, autore della strage di quattro ostaggi ebrei nel negozio Kosher, in fuga verso la Siria e altri 1.300 jihadisti francesi. Al fianco del presidente socialista pure il fratello dell’emiro del Qatar, uno degli Stati che insieme all’Arabia Saudita (amica degli americani) finanzia l’Isis e i principali gruppi jihadisti siriani. Marine Le Pen bandita assieme al 25% dei francesi che la vota. Una finta marcia della pace, insomma, finita con litigi e veleni per l’assenza del presidente Barack Obama e con le divisioni sul mantenimento o meno del trattato di Schengen. Tutti uniti per fare le foto e darsi grandi abbracci, ma dietro le solite diatribe. Ecco cos’è l’Europa unita. Assistere alla parata dell’ipocrisia di domenica a Parigi non mi ha fatto star bene e se fino al giorno prima anche io ero Charlie, come tutti, dopo aver visto quella falsa sfilata, coi presenti, gli assenti, quelli che avrebbero voluto esserci, e le reazioni che ne sono scaturite, non mi sono sentito più Charlie. O meglio non quel Charlie nel senso che lo intendono loro. Je ne suis pas Charlie se ha la faccia di chi dice una cosa e ne fa un’altra. Libertà di dialogo, di opinione, di espressione, di informazione ma a senso unico e per le battaglie che interessano a loro.
La crociata che si è scatenata in Italia poi è insopportabile. Una manica di bugiardi senza né coscienza né ritegno che hanno detto e scritto di essere Charlie, mentendo anche a loro stessi. Come mentirono quasi 14 anni fa quando quegli stessi soggetti, scrivevano o dicevano “siamo tutti americani” dopo l’attacco alle Torri Gemelle. Ipocriti e vigliacchi che si fanno paladini della libertà di stampa e di satira per sentirsi parte della massa e fare bella figura agli occhi del mondo Occidentale che li sta guardando.
I politici in prima fila. L’aria altezzosa e superba del premier Matteo Renzi che sembrava marciare solo per mostrare il suo cappotto firmato nuovo nuovo. Federica Mogherini, che in molti ancora si chiedevano giustamente chi fosse e cosa ci facesse lì. Mario Monti che, come accadde anni fa ad Alfonso Pecoraro Scanio beccato a ridere assieme a Vasco Errani ai funerali delle vittime dell’attentato di Nassiriya, sghignazzava nelle retrofile insieme al suo ex ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi.
Accanto ai grandi della Terra, oltre a Benyamin Netanyahu, Abu Mazen, Nicolas Sarkozy, Jean-Claude Junker, Angela Merkel, David Cameron, Mariano Rajoy, l’emiro del Qatar e re Abdallah II di Giordania con la regina Rania non poteva mancare il senatore Antonio Razzi, che ne ha approfittato per farsi qualche bella foto ricordo con la cravatta nuova.
Ma la professionista dei selfie è la scugnizza eurodeputata Pina Picierno, che si è selfata sorridente e ha scritto su feisbuc: “Bellissimo esserci e sentirsi parte di questa meravigliosa marea”. Ecco perché io non sono Charlie. Non sono Charlie perché non voglio essere come questi. Ridicoli.
Poi ci sono i vignettisti italiani, da Vauro a Vincino. Invece di fare generici e banali appelli di solidarietà ai colleghi trucidati a Parigi, se avessero avuto coraggio avrebbero disegnato vignette su Maometto e sull’Islam. Invece Vauro, dopo aver preso in giro Papa Ratzinger per anni, ha avuto la falsa coerenza di presentarsi in trasmissione a Servizio Pubblico con la maglia nera “Je suis Charlie”, scordandosi le sue feroci critiche alle vignette di “Charb”. “Parliamo ancora di guerra santa, sembra di essere nel medioevo, abbiamo fatto passi da gigante indietro nel tempo. Siamo in guerra, ma perché facciamo le guerre. Questi mostri li abbiamo creati noi”, afferma sicuro Vauro da Santoro. Ma dimentica le sue parole di qualche anno prima proprio contro le vignette di Charlie Hebdo: “Questi disegni sono messaggi violenti che provocano reazioni violente”. Un bel furbetto, insomma, come tutti gli altri. Anche per colpa sua io non mi sento più Charlie.
In questi giorni ci siamo dovuti sorbire le lezioncine di quei giornalisti che sanno tutto. Uno su tutti l’imbattibile Beppe Severgnini, il cronista del gossip, che nella sua perenne ansia di dover scrivere per forza sulla notizia del giorno, anche se non ci capisce niente, ha lasciato i suoi quotidiani consigli agli Italians su come vestirsi o come chattare, per vergare anche lui sulla strage al Charlie Hebdo e lanciare il suo severo monito al “sonnambulismo della democrazia”. “La minaccia non sono i fucili mitragliatori – scrive l’americano di Cremona sul Corriere della Sera –. La minaccia è la nostra sufficienza, la nostra indolenza e l’impegno che non mettiamo”. Insomma, in Francia uccidono i giornalisti e io oggi non so cosa mettermi. Uffa. Sono serviti, inoltre, venti cadaveri per far salire Piero Ostellino dalla quarantesima alla prima pagina sempre sul Corriere e far scrivere a Antonio Polito, ex senatore di sinistra, “dobbiamo svegliarci”. E’ vero, dovete svegliarvi. Voi però.
C’è poi Giulietto Chiesa, complottista anche quando paga il conto della spesa al Carrefour, che vede in quel blitz sanguinario la complicità o la manina di chissà quale potere occulto o servizio segreto. Giulietto è andato in Estonia e lo hanno arrestato. In Italia, invece, gira ancora a piede libero. Si sa che i Paesi Baltici sono troppo più avanti. Meglio tralasciare, invece, i commenti di Beppe Grillo sulla teoria del “in fondo ce la siamo cercata”, che non fanno più ridere nemmeno lui. Sentir dire “vignette irriverenti, se la sono cercata” è un po’ come quando una donna viene stuprata e qualcuno dice “Beh, però portava la minigonna”. Ignoranza allo stato puro. Anche il segretario della Lega Matteo Salvini che chiede ai suoi followers su Twitter se “abbiamo paura dopo le stragi di Parigi”, dovrebbe sapere che abbiamo più paura di lui come politico. Ignoranza allo stato puro.
Tutti questi non erano americani ai tempi delle Twin Towers e non possono essere Charlie oggi perché la loro mentalità ottusa e ipocrita non è mai cambiata. Ieri come oggi dichiararsi paladini della libertà e poi non esserlo affatto entro i propri confini è una vigliacca menzogna. Come quell’ipocrisia meschina dell’inutile Ordine dei giornalisti e dell’inutilissimo sindacato Fnsi, nelle persone di Enzo Iacopino e Franco Siddi, che inneggiano a Charlie e organizzano sfilate davanti alle ambasciate, salvo poi sanzionare la libera espressione di certi giornalisti che non la pensano come loro (vedi Vittorio Feltri o Magdi Allam). Se in Italia ci fosse stato un giornale come il Charlie Hebdo i nostri illustri vertici del giornalismo come minimo avrebbero radiato tutta la redazione dall’ordine, accusandola di razzismo e islamofobia.
In questa infinita tristezza, almeno una risata l’ha strappata Marina Ripa di Meana che deve aver confuso Charlie per Carlìn , facendosi fotografare con un foglio con tanto di errore di grammatica francese, insieme ai suoi cani.
Ma come ogni bel banchetto anche qui il dolce arriva alla fine. Il deputato del Pd, Luca Sani, ex sindaco di Massa Marittima nel Grossetano ed ex segretario provinciale prima dei Ds e poi del Pd, alla Camera dei deputati dal 2008 e in questa legislatura pure presidente della Commissione Agricoltura, aveva scritto sul suo profilo Facebook: “Idealmente a Parigi”. Io ho commentato sereno: “Si, guarda, ci mancavi solo te a Parigi e poi c’erano tutti”. Dall’alto del suo diploma di istituto tecnico industriale, Sani ha replicato con altrettanta serenità: “Ma vai a cacare Fabrizio Boschi”. Ecco l’insegnamento sulla libertà di opinione che Sani deve aver tratto dalla strage di Parigi. Ecco chi sono i nostri rappresentanti in Parlamento. La conversazione è poi proseguita con qualche spassoso botta e risposta (i più curiosi possono andare a leggerla sul profilo Facebook del poco onorevole Luca Sani). Un atteggiamento che si commenta da solo e che evidenzia lo spessore dei nostri rappresentanti istituzionali. Non solo impreparati in maniera imbarazzante e immeritatamente seduti sugli scranni che gli rendono 17mila euro al mese per non fare niente, ma anche palesemente maleducati. Visto che al centro dell’attentato non c’è stata soltanto una redazione ma molto di più, come la nostra libertà di opinione, informazione e espressione, mi sarei aspettato da un politico liberale, o presunto tale, una reazione più pacata o quantomeno non offensiva, dato che da me non aveva ricevuto alcun insulto. Ma del resto se i membri del Pd ascoltano un segretario di partito e un presidente del Consiglio come Matteo Renzi, è impossibile pretendere da loro di più.
Questi non sono affatto Charlie. Sono l’Italia peggiore.