Oggi è il giorno della Memoria: i telegiornali rimanderanno in onda le immagini di quel brutto 11 settembre, e in molti di noi si riaccenderà l’angoscia, quella terribile sensazione di essere vulnerabili, una vita appesa al sottile filo rosso della roulette eterna.

Come tutti, ricordo perfettamente quell’undici settembre: mio padre era ricoverato in ospedale in pessime condizioni. Due giorni prima un ictus l’aveva fatto accasciare sulla strada, davanti al fornaio del paese, mentre andava a comprare il pane. Come spesso accade in questi eventi, aveva sviluppato un’emiplegia agli arti, e nelle prime ore era totalmente afasico, quindi non riusciva a parlare in modo comprensibile. Ma non era finita: i medici avevano riscontrato anche un aneurisma all’aorta addominale di 6 cm. Andava operato senza dubbio, ma il quadro vascolare di mio padre era complicato dai trombi che, probabilmente, avevano determinato l’ictus. Un intervento all’aorta prevedeva un clampaggio, ovvero la chiusura di un vaso, e l’aumento della pressione che ne deriva poteva far partire altri trombi, e determinare un disastro.

Il 10 settembre ero nello studio del Primario. Quoad vitam, aveva detto parlandomi della operazione. Non era necessario tradurre dal latino. Non abbiamo scelta, diceva il suo viso. Operiamo, ma consapevoli che potrebbe (con molta probabilità) finire male.

Stupore.

Ricordo che mi sfiorò un pensiero divertente in quel momento: il Primario continuava a chiamarmi Dottor Bulla, e io mi stavo chiedendo 1) chi diavolo gli aveva parlato della mia laurea e soprattutto 2) se lui sapeva che non sono un Medico ma uno Psicologo.

Avevo deciso.

L’11 settembre, vigilia dell’operazione, vagavo come uno zombie in un centro commerciale comprando alcune cose che avrei portato in ospedale, consapevole che forse quello sarebbe stato l’ultimo giorno di vita di mio padre, quando ad un certo punto mi accorsi che la musica in sottofondo era finita da troppo tempo. In radio si parlava in continuazione: qualcosa era successo, ed era grave.

Mai mi sarei immaginato che due anni dopo avrei sposato una donna che da 3o anni considera l’11 settembre come il giorno più bello dell’anno. Nel 1976 mia suocera mise alla luce mia moglie, in un letto dell’Ospedale di Sassari, una sera di fine estate in Sardegna.

Chi compie gli anni oggi sa già cosa voglio dire.

Oggi a casa mia televisioni spente. Sappiamo che molte persone nel mondo piangeranno, ma noi cercheremo di sorridere.

“Compi gli anni l’11 settembre? Oh poverina”. Dal 2003 in tanti si sentono dire quello che i nostri conoscenti dicono a mia moglie sgranando gli occhi.

Buon compleanno a tutti quelli che compiono gli anni oggi.

Auguri amore mio. fiore

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