Via da Bruxelles, vogliamo una nuova capitale
Il Brasile, quando ha pensato che Rio de Janeiro fosse troppo corrotta, ha fondato Brasilia e vi ha trasferito la capitale. Il despota Khazako Nuzarbayev ha voluto lasciare Almaty, perchè troppo legata ai ricordi del dominio sovietico, e ha costruito Astana in mezzo alla steppa. Ataturk, per cancellare la memoria dell’impero ottomano, ha abbandonato la storica Istanbul per insediare il governo ad Ankara, fino a quel momento una semisconosciuta cittadina dell’Anatolia. Dopo quanto è accaduto a Bruxelles martedì, io ritengo che l’Unione Europea debba seguire il loro esempio. Basta leggere i giornali di oggi per capire perché. I famoso islamologo francese Gilles Kepel non ha esitato a definire il Belgio uno “stato fallito”, come la Somalia o lo Zimbabwe, perché lo storico scontro tra Fiamminghi e Valloni lo ha virtualmente spaccato in due, tanto che le due polizie non comunicano neppure tra loro. Un quarto della popolazione di Bruxelles è ormai musulmana, di prima, di seconda e anche di terza generazione, e dato il suo elevato tasso di fertilità nella seconda metà del secolo diventerà probabilmente maggioranza, facendo definitivamente suoi interi municipi in cui già oggi fa il bello e il brutto tempo. Per il modo ridicolo in cui funzionano le polizie, divise per quartiere e del tutto inefficienti, rimando ai numerosi e particolareggiati articoli apparsi su IL GIORNALE del 23 marzo, l’indomeni degli attentati. Neppure sull’inefficienza dei servizi segreti non è il caso di dilungarsi, perché i fatti parlano da soli. Hanno lasciato che nella capitale si costituissero cellule di terroristi islamici al di fuori di ogni controllo, che hanno organizzato non solo l’operazione di martedì, ma anche i sanguinosi attentati parigini di novembre. La ciliegina sulla torta è stato il modo in cui si sono fatti turlupinare dal super-ricercato Saleh Abdeslam, che dopo il su arresto ha promesso di collaborare per non essere estradato in Francia ma si è ben guardato dal rivelare che un attentato di grandi proporzioni, di cui non poteva non essere a conoscenza, sarebbe stato compiuto tre giorni dopo nella sua città.
Tutte queste situazioni sono purtroppo irreversibili. Non possiamo né riconciliare Fiamminghi e Valloni, né deportare tutti i musulmani che si sono insediati a Bruxelles, e perfino riformare le polizie, che dovrebbero vegliare anche sulla sicurezza delle istituzioni europee, sembra un compito impossibile. A questo punto si pone la domanda fatidica: vogliamo una capitale europea conciata così? Soprattutto, possiamo permettere che il centro di un’Unione che – se anche non ha voluto scriverlo nei propri atti costitutivi, è pur sempre figlia della civiltà giudaico cristiana – diventi una città a maggioranza islamica? Io credo di no, è perciò propongo che imitiamo Kubitschek, Nazarbayev e Ataturk e ci costruiamo un’altra capitale. Mi rendo, naturalmente, conto delle difficoltà dell’impresa. Ci sono i costi, certamente elevati, che dovrebbero essere finanziati ratealmente dalle singole nazioni (ma che, in un periodo di scarsa crescita, potrebbero anche servire a un rilancio). C’è la difficoltà di decidere se costruire una città ex novo, o di insediarsi in una già esistente. C’è il problema di scegliere il Paese e il luogo, che potrebbe risultare insuperabile per le gelosie tra le grandi potenze e che alla fine potrebbe favorire il piccolo e neutro Lussemburgo, dove l’immigrazione islamica è minima e ci sono già importanti istituzioni europee.
Nonostante tutti questi problemi, se vogliamo guardare avanti dobbiamo lanciare l’idea, se non altro a titolo di provocazione. Dubito che sarà accolta con favore, anche perché l’UE ha in questo momento altre gatte da pelare. Perciò mi accontenterei se, per il momento, si costituisse almeno una commissione di studio, che con il passare del tempo troverebbe certamente sempre nuovi argomenti per il “grande trasloco”, portando infine alla sua realizzazione.