#F1 Gran Premio di Germania – DICO TUTTO – L’analisi tecnica dell’Ingegner BENZING
C’è da dire, c’è da spiegare, c’è soprattutto da capire. Quanto successo in Germania ha lasciato basiti non tanto coloro che magari non si aspettavano un Vettel così uber alles, quanto i tifosi di rosso vestiti – molti di loro – che nella strategia remissiva in qualifica avevano visto la prova provata dei problemi Ferrari ma anche un’idea catenacciara quanto geniale per cambiare le sorti della gara. Non è andata così. L’Ingegnere ci spiega perché.
di Enrico Benzing.
G. P. di Germania – È stato un altro gran premio da “thrilling” televisivo, con ribaltoni e multi-“pit-stop” voluti dall’ineffabile Bernie Ecclestone, con una aggravante, per gomme inadeguate: oltre all’eccessiva sofficità da degrado, i succubi, delaminati ingegneri della Pirelli hanno proposto una scarpa e una ciabatta: pneumatico anteriore (“super-soft” più che “soft”), con fili metallici, e coperture posteriori (più “soft” che “medium”) tornate al “kevlar” 2012, dopo i disastri di Silverstone. Nulla di più squilibrato. E ne hanno fatto le spese soprattutto Hamilton (molto critico) e Alonso, ovvero due tra i maggiori protagonisti. La domanda è: c’era bisogno, per la serietà e l’equità nella competizione, di tutto questo scompiglio? Emblematica è stata la scelta della Ferrari di rinunciare alle “option” in qualifica, scelta strategicamente valida, per andare in testa dopo il precoce esaurimento del materiale in super-burro, ma tecnicamente fallita, perché le “medium” di Alonso non sono durate che 12 giri, contro i 21 giri dello stesso tipo usato da Button. Ci si può anche chiedere se gli ingegneri di Maranello, all’improvviso, non siano più capaci di gestire tali gomme, tradizionalmente sfruttate alla perfezione. Ma poi, all’esame dei tempi in qualifica e nello “stint” successivo l’argomentazione si è svuotata di colpo. Con tutto il sostegno delle prove libere – in parallelo con la British-Mercedes di Hamilton – per la sperimentazione anche con il pieno di carburante. Questa è la sintesi di una pessima esibizione tecnica, accanto all’altra svolta importante della Fintalotus, che ha copiato i principali valori di deportanza e di sforzi di trazione della Rbr di Vettel, con un processo iniziato già in Inghilterra, grazie al notevole incremento dell’effetto-suolo, indicato anche dalle scintille dei pattini delle sospensioni abbassate. Al punto di sfiorare il successo, con Raikkonen al comando a dieci giri dal termine e, a suo parere, in grado di resistere (stessa dichiarazione di Silverstone) con le gomme in uso, ma chiamato alla sostituzione da un “team” che preferisce un piazzamento sicuro (milioni dai diritti televisivi) a un tentativo rischioso. Tutto a partire dal consueto diagramma delle percentuali dei tempi sul giro, in un quadro davvero desolante. Che belle qualifiche, con soltanto tre macchine in Q3 e tutto il resto frutto di rinunce o di insuccessi, con delle “soft” insoddisfacenti, a parte l’errore commesso con Rosberg, per il quale ci si rivolge al tempo del sabato mattina. E cosa aspetta la Fia-Tv a correggere queste norme assurde?
Rbr – È sempre il primo marchio del “pagellone” tecnico, a dispetto di qualificazioni che premiano la Mercedes d’Inghilterra e di sostanziosi progressi della Fintalotus. Non a caso, con un Vettel costantemente giudicato il miglior pilota odierno, con strategie mai errate, con sospensioni e gestione-pneumatici ai vertici e con valori tecnici inarrivabili, per efficienza aerodinamica e sforzi di trazione. Sicuramente, la scuola di Adrian Newey, oggi abbastanza imitata, finirà per fare altri proseliti.
Lotus – Con i ragguardevoli progressi di effetto-suolo, già anticipati a Silverstone, e con ottimi bilanci stagionali per le sospensioni e per la gestione-gomme, soprattutto nelle configurazioni da gara, ha strappato la seconda posizione alla British-Mercedes. A pari motorizzazione con la Rbr, ne ha imitata e perfino superata, in qualche configurazione tentata in prova, la tendenza ai rapporti di trasmissione molto corti, nell’accentuazione degli sforzi di trazione. Secondo il parere di Raikkonen, grande esperto nelle regolazioni d’autovettura e nello sfruttamento delle gomme, la sua macchina poteva imporsi tanto a Silverstone, quanto al Nürburgring. Sarebbe bastata una maggior fiducia nella durata, con la sua sensibilità di guida, di pneumatici per tutti critici. Con un “pit-stop” in meno degli avversari più diretti, il progresso tecnico sarebbe può dirsi ben completato.
Mercedes – Ormai, è divenuta una consuetudine la serie delle superiori prestazioni in qualifica, con indubbie componenti di gomme “option”. Quel che ha più aggravato la sua posizione, dopo la fortunosa vittoria di Rosberg in Inghilterra, è stato il ritorno alla “débâcle” in versione “prime”. Evidentemente, dopo le apprezzabili conquiste in aerodinamica, resta molto spazio per il miglioramento delle sospensioni e la gestione al variare degli assetti. Tanto più difficile in presenza di due stili e di due tecniche di guida assai diversificate per i due piloti. A parte i sospetti per le gomme sempre toppo “soft” in prova, qualcosa non quadra con le gradazioni successive e le aspre critiche di Hamilton, autorevole quanto a ricerca di regolazioni e di assetti, ne sono una testimonianza sicura.
Ferrari – Non ha perso, in chiave tecnica, altre posizioni, dopo gli ultimi scivoloni, e l’analisi più onesta e completa non suona come una accusa, da molti avanzata, verso ingegneri del Cavallino incapaci di ricavare la massima resa, al passaggio dall’uno all’altro verso di materiale “option” e “prime”. Come mai, se nella fase iniziale del mondiale l’opera di questi tecnici era tale da far assegnare alle macchine di Maranello l’attributo di costruzioni “tradizionaliste”, proprio per la consumata perizia nell’attuazione di cinematismi e di geometrie delle sospensioni? Adesso, non è plausibile che, d’un tratto, venga meno questo indiscusso bagaglio tecnico. Personalmente, non ci credo. Mentre il mio modello matematico è più incline a ritenere che il treno di “medium” toccato ad Alonso nel primo “stint” del gran premio tedesco sia da considerarsi del tutto anomalo, così da mandare in fumo la scelta strategica di rinunciare alle “soft” in Q3 e di prendere la partenza in “medium”. Cioè un genere di “prime” che crolla dopo solo 12 giri. Inconcepibile.
Force-India – Ormai, è agli sgoccioli la sua quinta posizione nella classifica-prestazioni. La continua ascesa della Str è tale da condurre a imminenti trasformazioni, in attesa di un meritato ritorno della McLaren in questo ruolo. I risultati di Ricciardo da un lato e quelli di Button dall’altro lato ne sono una riprova. Tanto più che il riassetto si sta giocando non soltanto sul terreno dell’utilizzo-pneumatici, ma anche e soprattutto in termini di aerodinamica. Solo che per tutti e tre questi “team” l’imperativo categorico riguarda anche il tema degli sforzi di trazione e dei rapporti di trasmissione.
Con questo grafico dei distacchi percentuali in qualifica, opportunamente completato con una “M” per “medium” accanto al risultato della Ferrari, si ribadisce la nota attitudine della British-Mercedes in qualifica, dinanzi alla migliorata dedizione della Rbr. Volendo, quella “M” potrebbe significare anche Massa, per accennare alla già citata diminuzione di resa in qualifica di Alonso. Come dire che non è la macchina che deve tanto migliorare in questo assetto, bensì, parallelamente, anche il pilota più redditizio in gara.
Deportanza e resistenza – Sono nuovamente cambiati i livelli di massima deportanza, con lievi riduzioni, rispetto alle prove precedenti, per l’altitudine collinare di Nürburg, tra 500 e 600 metri, e per il diverso rapporto tra i due rettilinei, di una certa lunghezza, e la sequenza delle curve.
L’andamento del carico aerodinamico, come anticipato, ha subito una svolta pressoché storica, con le più basse velocità di punta della Lotus, che in qualche configurazione (nel diagramma si propone una media tra i valori delle prove e della gara) sono state perfino inferiori a quelle della Rbr.
Quindi, dopo aver valutato, in occasione dei precedenti gran premi, la correzione da apportare alla curva della deportanza totale (è riferita alla sezione frontale del mezzo), a causa dell’effetto-suolo, che non segue una legge perfettamente quadratica, in funzione della velocità, è necessario considerare attentamente anche i sistemi di DRS (Drag Reduction System o sistema di riduzione della resistenza), soprattutto per il futuro e per comprendere come mai su un tracciato come quello del Nürburging (conformazione di pista e densità dell’aria), non siano state utilizzate anche le ultime ramificazioni. Com’è noto, infatti, oltre al conosciuto sistema regolamentare di variazione dell’incidenza del “flap” dell’ala posteriore (sollevamento di 50 mm del bordo d’entrata), sono in evoluzione (Lotus e Mercedes) anche altri congegni, che alcuni chiamano “secondo DRS”, altri “DRS passivo” o con nuove sigle. Per evitare confusioni, si può usare la denominazione provvisoria di “DRS-2”.
Il DRS, attivabile alle massime velocità, appunto per ridurre la resistenza aerodinamica, in favore dei sorpassi, è comandato dal pilota, quando viene rilevato (e segnalato), nel punto di “detection”, un distacco di un secondo tra le macchine impegnate in tale sorpasso. Il “DRS-2” non è attivabile o disattivabile: è un dispositivo fisso (per questo motivo è detto “passivo”), che, nella traslazione, dirige il flusso d’aria, attraverso un canale, verso un punto critico del profilo, al centro della superficie dorsale, con apprezzabili modifiche dello spettro aerodinamico, grazie a variazioni di velocità e di strato-limite, con qualche riduzione della resistenza, sempre pagata con perdita di deportanza. Così, nel prossimo grafico, viene calcolata la deportanza totale di una autovettura sul Nürburgring, in un campo compreso fra 160 e 300 km/h, con e senza DRS.
La curva blu è riferita alle normali condizioni di ala fissa, cioè con DRS non in funzione, e la curva rossa con il DRS attivato. Nel primo caso, i valori di deportanza, indicati alle varie velocità, consentono di indagare sulla percorrenza delle curve (o in qualunque altro punto d’interesse), e nel secondo caso conducono all’esclusivo controllo del carico alla velocità massima, rilevata nello “speed-trap”. Tanto il calcolo, quanto la Galleria del vento e la telemetria, concordano nell’assegnazione di riduzioni del coefficiente adimensionale di deportanza Cz comprese fra 0,2 e 0,3.
Successivamente, nel prossimo grafico, si passa al calcolo della resistenza all’avanzamento del veicolo, espressa tradizionalmente (concessione del S.I.) in cavalli, e si traccia la curva cubica Nt, in funzione della velocità, in corrispondenza della curva della potenza installata Ne o curva di potenza di uno dei migliori motori V8 in campo, non già al variare del regime di rotazione, ma della velocità in settima marcia.
Accanto alla curva Nt, per vettura priva di speciali dispositivi, si aggiungono, a partire da una velocità in rettifilo di 280 km/h, le curve con l’utilizzo di congegni per la riduzione della resistenza: la curva blu è relativa al DRS inserito e quella Magenta alla presenza di un DRS-2. Nel primo caso, si notano le variazioni medie in corrispondenza della velocità di punta: sono abbastanza sensibili, a seconda della configurazione aerodinamica, in quanto si riduce anche la superficie della sezione frontale, oltre al coefficiente adimensionale di resistenza Cx. Nel secondo caso, sono mostrati gli effetti – molto blandi – del sistema passivo, pur se a volte può essere apprezzato anche un incremento velocistico di un solo km/h. Ciò è dovuto alla fase ancora iniziale della sperimentazione, notoriamente difficile, perfino in CFD, ma anche in considerazione del fatto che le stesse teorie dell’ala non lasciano troppo spazio a queste tecniche. Il termine aeronautico di stallo o perdita di portanza, per il superamento del punto di massima incidenza utilizzabile (ma anche le formazioni di ghiaccio hanno di questi effetti), non è evocabile, giacché il DRS-2 si rivolge a un profilo ad incidenza fissa, essendo consentita una variazione dell’angolo caratteristico soltanto al “flap”, con rotazione verso l’incidenza di deportanza minima o nulla. Il presunto stallo è dovuto esclusivamente alla riduzione della velocità della corrente che lambisce la superficie del profilo, non alle incidenze critiche. Inoltre, proporzionalmente alla resistenza, questo sistema riduce anche la deportanza e va applicato o tarato in funzione della velocità di percorrenza delle curve, altrimenti diventa negativo, con peggioramento dei tempi sul giro. Per quanto piccole siano le riduzioni dei coefficienti del gruppo alare, i piloti più sensibili le avvertono e criticano la funzionalità del dispositivo. Ecco perché, con le velocità in esercizio, non è stato possibile ricorrere al DRS-2 nel G. P. di Germania.
Infine, visto il ruolo giocato al Ring dalla frenatura, ho calcolato in questo diagramma
anche la decelerazione all’ingresso della Curva 1, la più severa, in lieve discesa, con una media tra i valori comunicati dai tecnici della Brembo e quelli avuti sia in qualifica, sia in gara. Come sempre, trattandosi di decelerazione in funzione della velocità, va rammentato che gli oltre 5 g spesso citati riguardano soltanto l’attacco della frenata, nelle sue primissime frazioni di secondo. Dopo di che si possono seguire le decelerazioni indicate dal grafico.