Votare a 16 anni: follia o strategia?
A Londra potrebbe succedere già per l’elezione del prossimo sindaco, nel maggio 2016. Diritto di voto ai ragazzi di 16 e 17 anni. Lo promette il leader del Partito laburista Ed Miliband se tra cinque mesi, a maggio 2015, diventerà lui primo ministro del Regno Unito. “Dobbiamo ascoltare di più la voce dei giovani nella nostra democrazia, è un segno di fiducia nelle nuove generazioni” ha detto durante un dibattito ospitato su Youtube, Twitter e Itv News organizzato dal movimento Bite the Ballot. “Mi prendo l’impegno di farlo entro maggio 2016”, garantisce Miliband suonando la sveglia ai quindicenni di oggi.
La mossa è strategica. Perché i “giovani” di cui parla sono un milione e mezzo di elettori in più, e con molta probabilità – dicono gli studi – più propensi a votare progressista, cioè Labour, invece che conservatore. Lo proverebbe il referendum dello scorso 18 settembre in Scozia dove 110mila sedicenni e diciassettenni (su un totale di 3,6 milioni di elettori) hanno votato per la prima volta nella storia britannica e secondo un sondaggio del Conservatore Lord Ashcroft massicciamente (il 71%) a favore dell’indipendenza.
Il voto ai sedicenni è un antidoto all’antipolitica? Un modo di accrescere la partecipazione che si fa sempre più scarsa nelle democrazie avanzate? Oppure è solo una strategia per conquistare nuovi consensi? Un escamotage un po’ folle che rischia di avvelenare tutto e tutti – compresa la scuola da cui almeno formalmente la politica dovrebbe star fuori – e solo per un pugno di voti? L’Austria nel 2007 è diventata il primo Paese dell’Unione europea e delle democrazie occidentali sviluppate a far votare i sedicenni (succede anche in Brasile, Ecuador, Argentina, Nicaragua, nel regime di Cuba e in Bosnia Serbia e Montenegro solo se si ha un lavoro). Voi che ne pensate? Favorevoli o contrari?