Brexit Day, la lezione inglese
Il giorno fatidico è arrivato. È Brexit Day. Il Regno Unito lascia l’Unione Europea. Sulla questione si sono sprecati fiumi di inchiostro. Ma cosa ci fa guardare a Londra con ammirazione, anche se con amarezza per l’addio inglese a un club di cui noi siamo ancora membri?
1 – Per tre anni e mezzo hanno litigato, si sono battuti ferocemente ma alla fine ha prevalso un sano principio democratico. Il referendum c’è stato e il suo risultato si rispetta.
2- Boris Johnson, uno degli agitatori della Brexit, ora che è entrato nel ruolo di primo ministro, ha voluto evitare la grande festa della vittoria. Ottimismo ma basso profilo nella notte dell’addio. Quando si governa, si deve unire.
3 – Pur avendo offerto al mondo uno spettacolo desolante di litigi e divisioni, alla fine le istituzioni britanniche hanno retto. La Regina super-partes, il Parlamento come centro del dibattito anche se specchio di una frattura profonda. Due primi ministri sono implosi ma un’elezione su una questione lacerante ha sbloccato la situazione con una soluzione chiara: si va via dalla Ue.
4 – La vigilia del referendum del 2016 fu segnata da un omicidio riprovevole, quello della deputata Jo Cox. Tre anni e mezzo di guerra politica fratricida post-Brexit, anche fra gli elettori, non hanno mai più portato a gesti violenti, anche se restano i timori per possibili conseguenze in Irlanda del Nord. La democrazia è terreno di scontro. Verbale.
5 – Contro ogni previsione catastrofica, gli inglesi hanno deciso di tirare dritto per la loro strada. La Brexit potrebbe ancora rivelarsi un fallimento. Ma alla fine i britannici hanno tirato fuori orgoglio e tempra, a tratti ostinazione, compresa quella degli europeisti. Un buon giocatore si vede dal coraggio e dalla fantasia. Bye-bye amici inglesi.
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