Sento molto parlare in giro di divorzio breve, ovvero quella legge approvata dalla Camera (non ancora dal Senato) che riduce i tempi dell’addio tra i coniugi separati da tre anni fino a un anno o addirittura sei mesi. Testo votato nel consenso (quasi) generale (per approfondire, si può leggere qui una cronaca del voto e dei principali interventi).
Che cosa ne penso? Prima che alla mia opinione, vorrei dare la parola a una bella lettera che mi è stata segnalata da Torino.

Robert Doisneau, "Il bacio dell'Hotel de Ville"


E’ apparsa su “La Voce del Popolo”, storico settimanale della Diocesi. Ne pubblico ampi stralci, che ci consentono di vedere la cosa da un punto di vista di solito un po’ offuscato: gli uomini e le donne che cercano di salvare i propri matrimoni. Spesso, con un po’ di tempo a disposizione, ce la fanno. Ma che succede se il divorzio è più breve della sbandata che l’ha causato? Ascoltiamo una donna che sa quel che dice: perché l’ha vissuto. E poi studiato.
“Gentile Direttore…
poiché seguo alcune persone che stanno vivendo fatiche coniugali, simili a quelle che anch’io mi sono trovata ad attraversare, mi convinco sempre più che il divorzio breve (in Parlamento lo si vorrebbe autorizzare in 6 mesi, anziché 3 anni) sia una follia!
Sono dell’idea – e non è un tanto per dire, visto che mi costa sangue quotidiano – che il matrimonio sia una forza inaudita, specialmente quando è in crisi…
Mi pare che nel dibattito pubblico manchi una riflessione sul fatto che il tempo della separazione, oggi fissato in tre anni prima di arrivare all’eventuale divorzio, persegue esattamente uno scopo: far riflettere. Per riflettere sul destino del proprio matrimonio occorre tempo adeguato, questi famosi tre anni. Occorre darsi tempo, perché sappiamo come noi uomini e donne siamo fatti.
Le statistiche – odiose ma significative – dicono che spesso le crisi matrimoniali esplodono al comparire dell’amico/amica che comprende, che presto diventa amante e che impedisce, per la natura stessa delle passioni che accecano, una riflessione matura. Occorre che si attenui quel tempo e poi si può provare a riflettere… .e magari si può provare a ricostruire.
Le stesse passioni hanno una durata massima di due anni, e poi? Molti vorrebbero ricucire legami interrotti… Ecco, questo è il senso di quei tre anni… non altro. Certo siamo sempre preoccupati di «risolvere» le pendenze, l’incertezza non è ambito dell’essere umano, che pure è incerto per sua natura…. meravigliosa fragilità umana. Ma se i tre anni vengono annullati, la fatica dell’orgoglio, il riavvicinarsi a coniugi che hanno appena rimarginato ferite sarà reso ancora più difficile. Ovviamente… questo non si dice!
Nel mio piccolo, alle persone che provo ad accompagnare suggerisco, in punta di piedi, di fidarsi e non chiudere mai nessuna porta…. Servono spiragli di luce, non per coltivare il sogno di ritorni impossibili, ma speranze di vita possibile”.
Mi fermerei qui, agli spiragli di luce. Un pezzettino di cielo.

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