Una santa principessa come protettrice dell’ordine francescano. O meglio dell’ordine secolare, cioè quelle persone che diventano francescane e seguono la regola ‘il Vangelo nella vita e la vita nel Vangelo’ senza lasciare il mondo ‘normale’ e le attività di ogni giorno.
Può sembrare strano che proprio i francescani, votati alla povertà, abbiano come modello e riferimento la principessa Elisabetta d’Ungheria (Elisabetta di Turingia), che si festeggia oggi. Una donna nata e cresciuta a corte, vissuta tra gli agi e le dame di compagnia, eppure ricca di carità e di virtù al punto da essere proclamata santa.

Le rose di Elisabetta d'Ungheria

Nata nel 1207, fidanzata a 4 anni, prima sposa e madre felice, poi vedova e penitente, colpita dalla personalità di Francesco d’Assisi, dedita ai poveri agli ultimi alle situazioni di marginalità estrema, ha segnato con la sua storia l’ordine.
A me sembra un po’ la prova di come il distacco dalle ricchezze, il buon uso dei beni possa rendere beatamente poveri, anche quando materialmente non lo si è affatto. E che in tutte le situazioni della vita, anche tra fazioni di palazzo e battaglie di potere, si può diventare santi. Come ha detto ieri all’Angelus Papa Francesco: ‘Qualunque ambiente, anche il più lontano e impraticabile, può diventare luogo dove far trafficare i talenti’.
Vi propongo qualche episodio della sua biografia tratto da un’udienza di Benedetto XVI. ‘Elisabetta praticava assiduamente le opere di misericordia: dava da bere e da mangiare a chi bussava alla sua porta, procurava vestiti, pagava i debiti, si prendeva cura degli infermi e seppelliva i morti. Scendendo dal suo castello, si recava spesso con le sue ancelle nelle case dei poveri, portando pane, carne, farina e altri alimenti. Consegnava i cibi personalmente e controllava con attenzione gli abiti e i giacigli dei poveri. Questo comportamento fu riferito al marito, il quale non solo non ne fu dispiaciuto, ma rispose agli accusatori: ‘Fin quando non mi vende il castello, ne sono contento!’.
In questo contesto si colloca il miracolo del pane trasformato in rose: mentre Elisabetta andava per la strada con il suo grembiule pieno di pane per i poveri, incontrò il marito che le chiese cosa stesse portando. Lei aprì il grembiule e, invece del pane, comparvero magnifiche rose. Questo simbolo di carità è presente molte volte nelle raffigurazioni di santa Elisabetta’
Il testo integrale dell’udienza, per chi lo desidera, si può leggere qui.

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