C’è un’eroina della libertà di coscienza e vorrei presentarvela: si chiama Margherita Ulisse, ha trentadue anni, è un’infermiera. All’ospedale di Voghera più volte, davanti a ragazze che chiedevano la pillola del giorno dopo, le ha invitate a riflettere sulla loro decisione, dalla quale poteva «derivare l’interruzione di una vita umana». Poi, nel caso avessero deciso comunque di procedere, ha chiesto loro di tornare dopo la fine del suo turno, perché lei non se la sentiva in nessun caso di collaborare con un possibile aborto.

Margherita Ulisse, infermiera


Il tema si pone perché in alcuni casi (dopo un certo numero di ore dall’assunzione) la pillola che veniva richiesta all’infermiera può avere effetti abortivi e non più contraccettivi. La donna riteneva impossibile per la propria coscienza fare diversamente e seguendo il codice deontologico degli infermieri che invita al dialogo ha cercato di parlare con le donne, spiegando loro che effetti avesse quel farmaco.
Il caso è scoppiato non perché qualcuno abbia denunciato Margherita, ma perché un suo collega ha raccontato la vicenda ai superiori. A loro volta i superiori hanno chiesto spiegazioni a Margherita e lei ha risposto con le proprie convinzioni etiche. La vicenda è finita sui giornali, la tensione e la pressione psicologica per la donna sono diventate insopportabili e Margherita si è dimessa. Poi, dopo un periodo di riposo, riprese le forze, ha chiesto di ritirare le dimissioni che tanto volontarie forse non poi sembrano, almeno a me. L’azienda ha risposto con una lettera di cessazione del rapporto. Questo è quel che sappiamo fino a questo momento (molto lo sappiamo grazie alla risposta a un’interrogazione regionale sul tema) e ci sembra molto triste.
Sentiamo parlare di martiri che vivono e muoiono in altri Paesi, ma a me la storia di Margherita sembra un piccolo martirio che accade sotto i nostri occhi. Una donna rimasta senza lavoro per non andare contro la coscienza e contro la vita. E’ stata fragile e poco furba a dimettersi cedendo alle pressioni invece di resistere? Forse. Ma io spero che tutto questo non finisca in tribunale.
Spero che ci sia un po’ di cielo anche nell’amministrazione di un ospedale pubblico. Che basti un colloquio per chiarire tutto. Che Margherita possa tornare al suo lavoro. Che nel nostro civilissimo Paese, nella nostra avanzata Lombardia, le nostre coscienze siano vigili e sia ancora possibile fare obiezione di coscienza. Senza essere costretti a diventare eroi. O piccoli martiri.

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