Quanta ipocrisia su Kyenge e Padania
Non c’è un razzismo buono. C’è solo un razzismo cattivo. Ci sono quelli che criticano la Kyenge solo per via della pigmentazione della sua pelle. E ci sono quelli che vorrebbero elevarla dalle normali – anche verbalmente violente – critiche politiche, solo perché è nera. Sono quasi due facce della stessa medaglia: nero è peggio, nero è meglio. Due facce che, a rigor di logica, negano la base dell’uguaglianza: nero è uguale a bianco.
E’ successo anche in questi giorni. La Padania pubblica, per provocazione, l’agenda del Ministro per l’Integrazione. Agenda già on line sui siti istituzionali. Il contesto fa la differenza, è ovvio. La Lega è il movimento che più di tutti attacca, spesso con colpi sotto la cintola, il lavoro della Kyenge. Scoppia la bagarre. Furiosa. Razzisti, fascisti, delinquenti, volano insulti di ogni genere contro gli uomini di Salvini. L’operazione del quotidiano verde non è bella, né gentile. Ma il diritto di critica è il sale della democrazia. E la levata di scudi mi pare eccessiva: dovuta al pregiudizio (favorevole) nei confronti della ministra e al pregiudizio (sfavorevole) nei confronti dei leghisti. Lo dimostra il fatto che quando l’organo della Lega pubblica anche l’agenda di Zanonato nessuno si straccia le vesti per il povero ministro dello Sviluppo Economico. È “troppo bianco” per dare fiato alle trombe delle sentinelle del politicamente corretto? Neppure quando Giovanni Sartori aveva detto che “Lo Ius Soli è un’idea demente e vuole favorire la negritudine” si era scatenata la canea – una vera e propria guerra preventiva al razzismo – che ora è indirizzata a via Bellerio. Viene il dubbio che, a volte, il razzismo sia nelle orecchie di chi ascolta, più che nelle intenzioni di chi parla.