Caro Salvini, meno “accattonaggio elettorale” e più responsabilità istituzionale
Una parte della puntata di ieri sera (lunedì 1° aprile) di Quarta Repubblica, una bella trasmissione televisiva presentata da Nicola Porro, che secondo me è uno dei giornalisti migliori che abbiamo in Italia, sia per quel che riguarda la carta stampata sia come anchor man di talk show che fanno audience, era dedicata al “caso Salvini”. Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, infatti, risulterebbe essere il bersaglio di un’ampia serie di attacchi che non solo puntano a screditarlo rispetto alla sua azione istituzionale ma cercano di alimentare anche odio nei confronti della sua persona, fino a incitare all’omicidio.
La discussione è stata molto interessante e vivace, anche se sembrava trascurare un fatto: se Salvini invece di ricorrere sistematicamente a un linguaggio violento, orientato a polarizzare il confronto politico in amici e nemici, creando le condizioni per una contrapposizione che nel medio lungo termine non può che imbarbarire il discorso pubblico, portando ad aumento della violenza quanto meno verbale, si facesse carico, in maniera più seria e responsabile, del suo ruolo istituzionale, forse non sarebbe un male. Il punto, infatti, non è tanto che Salvini abbia o meno il diritto di dire quel che gli pare (ci mancherebbe altro). O che poiché è stato votato (dal 17,5% degli elettori italiani alle ultime elezioni politiche, al di là dei sondaggi – che lo danno al 34% e oltre – ma che lasciano in parte il tempo che trovano, continuando a mostrare un numero molto consistente, quando non maggioritario, di persone che si astengono dall’esprimere un orientamento di voto) abbia o meno il diritto di dire quel che gli pare (da un punto di vista liberale, non di sinistra, una democrazia non è soltanto consenso, ma anche – se non soprattutto – garanzie istituzionali per un confronto plurale, aperto e civile). In discussione dovrebbe essere il fatto che, trattandosi del Vice Presidente del Consiglio dei ministri, nonché Ministro dell’Interno, ci si aspetterebbe da lui un linguaggio più civile, di stampo istituzionale, meno provocatorio, conflittuale e violento.
Non sta scritto da nessuna parte, infatti, che poiché Salvini ha in corso un perenne confronto con Di Maio sul terreno di ciò che non potrebbe essere definito diversamente da “accattonaggio elettorale” (va bene la campagna elettorale permanente, fenomeno non recente messo chiaramente in luce dagli studiosi di comunicazione politica, ma c’è un limite a tutto!), non gli sia mai – ma proprio mai! – possibile vestire i panni (non le divise!) istituzionali di un Ministro della Repubblica, che dovrebbe anzitutto pensare a governare (e non solo a parlare, secondo un rimprovero che gli ha mosso lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte) e che – detto per inciso – ha il delicato compito non soltanto di garantire sicurezza agli italiani (e a tutti coloro che si trovano sul suolo del nostro paese), ma anche di evitare la radicalizzazione del confronto politico, che è sempre a detrimento della convivenza civile e democratica.
E invece no: il Vice Presidente del Consiglio dei ministri, nonché Ministro degli Interni, non perde occasione – in questo è assolutamente un campione! – per rispondere in maniera polemica, con una presunzione che spesso sfiora la violenza verbale, a chiunque gli si pari davanti. Ma signor Ministro, le pare che il suo problema sia polemizzare con Saviano o rispondere da bulletto di periferia, ignorante e immaturo, a un ragazzino che gli italiani stessi volevano premiare, per il suo gesto di coraggio, con la cittadinanza italiana? Ma che idea del suo ruolo istituzionale, e non solo politico, le frulla in testa? Per quale strana ragione non è in grado di frenare quella sua compulsiva e incontinente volontà di potenza, che poco si addice al suo ruolo istituzionale? Tra l’altro, poiché i sondaggi danno chiaramente dalla sua una parte consistente degli italiani, che ormai si aggira intorno al 32/34% (al netto di coloro che non si esprimono, come abbiamo detto prima, anche se ciò comunque non toglie che Salvini spopoli letteralmente fra chi si esprime!), per quale motivo non riesce a volare un po’ più alto, facendosi carico non solo della sicurezza legata ai flussi migratori ma anche di quella che discende da un confronto politico più civile e meno violento? Non pensa che se dobbiamo preoccuparci della bomba carta recapitata al Sindaco di Torino sia forse giunto il momento, da parte di tutti, di abbassare i toni?
Possiamo interrogarci all’infinito sul tasso di fascismo che caratterizza il messaggio salviniano, ma il vero problema è che forse gli italiani si meriterebbero un Ministro dell’Interno (nonché Vice Premier) più equilibrato e meno polemico. E’ il ruolo che ricopre ad imporlo, con buona pace di coloro che condividono o meno il suo pensiero.